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viernes, 7 de marzo de 2014

Il problema di milioni di cattolici nel mondo che si comunicano regolarmente e non si confessano mai non riguarda solo i divorziati risposati.


Sorpresa:
 i divorziati risposati già fanno la Comunione

di Massimo Introvigne

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Il 78,4% dei sacerdoti italiani afferma di non conoscere nella sua parrocchia neppure un solo caso di divorziati risposati che non si comunicano e dichiarano di attendere un via libera dalla Chiesa per comunicarsi. Tra la minoranza di sacerdoti che invece ha questi casi in parrocchia, più della metà, il 51,85%, afferma che le coppie coinvolte sono solo una o due. Questa attesa massiccia del Sinodo non c'è, non solo perché molti divorziati verosimilmente non sono interessati a comunicarsi, ma perché molti di fatto già si comunicano, benché in teoria la Chiesa non lo permetta. Secondo la ricerca, il 75% dei sacerdoti italiani sa che tra i suoi parrocchiani ci sono divorziati risposati che si comunicano regolarmente. Il 41% pensa che lo facciano ignorando completamente il sacramento della Confessione, il 34% riferisce che questi divorziati risposati decidono di comunicarsi dopo un colloquio con il confessore.

Semmai, i preti - che, come sappiamo e seguendo del resto le istruzioni dei loro vescovi, quasi mai rifiutano la comunione a chi si mette in fila e si presenta all'altare - si preoccupano delle ripercussioni sugli altri fedeli del possibile scandalo. In effetti, secondo la ricerca, i sacerdoti pensano che, tra i divorziati risposati che decidono di comunicarsi dopo un colloquio con il confessore, il 75% si comunichi abitualmente fuori della propria parrocchia. Si direbbe che seguano quello che sembrava un consiglio tipico di sacerdoti d'altri tempi per diverse situazioni di peccato - "se ti senti, comunicati, ma fallo in una chiesa dove non ti conoscono per non creare scandalo" -, che invece apparentemente è ancora di moda.

Non sono un teologo, e non ho competenze nel campo della teologia morale. Leggo con attenzione quanto scrivono, anche sulla «Nuova Bussola quotidiana», persone competenti, che certamente possono essere anche laici che da anni studiano seriamente questi problemi. Guardo invece con un certo scetticismo ad altri giornali, dove il «todos caballeros» dell'imperatore Carlo V (1500-1558) - non a caso riferito secondo la storia o la leggenda a italiani, che si credevano tutti adeguati al titolo cavalleresco - sembra essere diventato un «todos teólogos».

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Il problema di milioni di cattolici nel mondo che si comunicano regolarmente e non si confessano mai non riguarda solo i divorziati risposati. È uno dei maggiori drammi della Chiesa di oggi, che ne spiega molti altri, già accoratamente denunciato da Benedetto XVI e ben presente a Papa Francesco, che ha messo l'invito insistito alla Confessione al centro del suo Magistero.

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