Inizia domani l'ultima settimana dei lavori del Sinodo sulla famiglia. Domenica 25 ottobre la Messa di chiusura presieduta dal Papa nella Basilica di San Pietro. Partecipa all'importante evento il padre gesuita Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, che sottolinea: stiamo vivendo un processo ecclesiale dalle grandi dimensioni, è in gioco il rapporto tra la Chiesa e il mondo.
R. – L’impressione è di un corpo vivo, che sta riflettendo in maniera reale; che quindi si confronta su problemi, su linguaggi e su modi di affrontare la realtà molto diversi. Entrando nell’Aula sinodale ci si rende conto che noi abbiamo davanti tutto il mondo: pastori che vengono da ogni parte della Terra e portano le sfide e i linguaggi propri della loro gente e questo, a volte, provoca dei conflitti: questioni molto calde vengono affrontate in maniera molto differente in Paesi diversi. Quindi direi un momento in cui il confronto è vero, reale, e si pone il problema del linguaggio: come affrontare evangelicamente le sfide che luoghi diversi di questo mondo pongono.
D. – Quindi un lavoro che obbliga a un discernimento anche profondo, anche complesso in molti casi…
R. – Lo stiamo vivendo! Noi stiamo vivendo un processo di discernimento, così come indicato dal Papa. Questo significa che viviamo le gioie dello stare insieme, del parlare, del discutere, ma anche tutte le tensioni tipiche, addirittura le tentazioni che un reale discernimento può portare con sé. Quindi è un momento molto delicato, in cui si comprende che è in gioco il rapporto tra la Chiesa e il mondo. Questo veramente è qui in gioco in questo Sinodo: vedere cioè come la Chiesa debba vivere il suo rapporto con la realtà di oggi, che ha grandi sfide, grandi cambiamenti, ma che – ripeto – è molto diversa nei diversi luoghi della Terra. Quindi direi una grande esperienza, sì.
D. – Richiamandoci ai temi conciliari, potremmo dire una Chiesa che è chiamata a illuminare la realtà, ma anche ad ascoltare il mondo…
R. – Non si può illuminare la realtà senza averla ascoltata. L’uomo non è un elemento estraneo alla predicazione del Vangelo: il Vangelo non è una dottrina astratta che va colpire gli uomini dall’esterno come una pietra. Si deve incarnare in delle vite vissute, in delle esperienze; a volte anche conflittuali, a volte invece serene… Allora, questa dimensione di rapporto con la realtà, con l’esperienza reale, è fondamentale. Il Vangelo deve illuminare le vite nella loro concretezza.
D. – Il rapporto con il prossimo Giubileo della Misericordia qual è? Nei Circoli minori è stato sottolineato che è un rapporto importante…
R. – E’ emerso questo tema nei gruppi… In realtà è il Papa stesso che ha posto questo collegamento forte: lo ha fatto esplicitamente il 6 luglio nella sua omelia a Guayaquil, durante il viaggio apostolico in Ecuador. In fondo quello che stiamo vivendo non è solo un Sinodo, è un processo sinodale, che è stato avviato nel 2013 con il famoso questionario; poi si è compiuta la prima tappa sinodale e adesso viviamo la seconda. Ma questa sfocerà nel Giubileo della Misericordia, e non finirà lì… Bisogna comprendere che stiamo vivendo un processo ecclesiale dalle grandi dimensioni. Per questo non deve stupire che ci siano momenti di stanca, blocchi, difficoltà, tensioni… Ma c’è anche la gioia di costruire insieme la storia.
D. – Qualcuno, a proposito della pastorale familiare, sottolinea però che bisogna anche ritrovare il senso del peccato: qual è il rapporto tra peccato e misericordia?
R. – L’annuncio del Vangelo, cioè che il Signore è morto per noi, è morto per me, non è l’annuncio del peccato. Allora bisogna ben capire la realtà dell’annuncio del Vangelo. L’annuncio del Vangelo è un annuncio di misericordia: alla luce della misericordia del perdono del Signore, io capisco il mio peccato, comprendo il mio peccato, perché il rischio è di cadere in una sorta di grande senso di colpa. Allora, se non c’è la percezione del Dio misericordioso, il senso del peccato è solo un senso di colpa, spesso inutile.
D. – Misericordia e verità: anche quest’anno - come nel Sinodo straordinario - torna questa antitesi. Eppure dai Circoli minori viene il messaggio chiaro: misericordia e verità non sono mai in contraddizione. Cosa significa?
R. – Non solo non sono in contraddizione, ma la misericordia è la verità del Vangelo. Quindi ogni contrapposizione tra dottrina e pastorale, tra misericordia e verità non ha alcun senso. La dottrina del Vangelo, cioè l’insegnamento del Signore, è l’insegnamento della misericordia. Da qui discende poi tutto.
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