"Comunione ai divorziati e risposati", una bufala ideologica
di Robi Ronza
A mio avviso l’appena avvenuto Sinodo sulla Famiglia si è concluso nel migliore dei modi, e resto con piena fiducia in attesa dell’esortazione post-sinodale del Papa che ad esso seguirà. Con piena fiducia non solo per stima nei suoi confronti ma anche per fede nella grazia di stato e perché ben convinto che non deciderà da solo, ma insieme a un consulente che è il migliore del mondo, anzi dell’universo.
Ciò fermo restando, tocco qui un tema specifico, quello dell’eco del Sinodo sui media. In questo ambito, certamente non essenziale, ma di grande importanza immediata, il Sinodo ha fatto registrare un fallimento sul quale occorre interrogarsi. Per capirne le ragioni e trarne ogni possibile positivo insegnamento è necessario prendere le mosse da un dato di fondo: nel suo insieme, e in tutti i suoi gangli fondamentali, il sistema massmediatico mondiale, non solo non è affatto “neutro”, ma è anche specificamente orientato contro le visioni del mondo religiose in genere e contro quella cristiana in particolare. Ci si potrebbe soffermare sulle ragioni attuali e soprattutto storiche di tale orientamento, che si spiega in larga misura con le radici marcatamente illuministiche della comunicazione di massa moderna. Non posso farlo qui, ma mi riprometto di tornare sul tema alla prima occasione. Qui mi limito a rammentare che così stanno le cose e che occorre tenerne attento conto.
Sulla scorta della mia pur minuscola esperienza di molti anni come portavoce del Meeting di Rimini, mi permetto di dire che quando si fa un lavoro di comunicazione alla stampa di qualcosa che attiene all’esperienza cristiana, e tanto più alla Chiesa, è necessario tenere sempre presente che l’interlocutore è nel complesso ostile e non è affatto interessato a capire che cosa succede per poi dare, seppur ovviamente a suo modo, un giudizio sui fatti. Tutt’altro: salvo rarissime eccezioni il giornalista, o in ogni caso il giornale o la testata giornalistica televisiva che lo inviano, ha già un suo giudizio sull’evento. Compito dell’inviato non è quello di capire ma di trovare sul posto appigli utili, spunti di cronaca utili per reiterare tale giudizio.
Tornando al nostro tema, il Papa convoca un Sinodo sulla famiglia, un evento di straordinario interesse per chiunque. In quale altra sede o circostanza infatti esperti qualificati e disinteressati di ogni parte del globo, persone che comunque non hanno armi da vendere o petrolio da comprare, vengono convocate per condividere esperienze e idee su questa cruciale struttura sociale umana? E’ qualcosa di obiettivamente interessantissimo per chiunque, quale che sia la sua visione del mondo. Il grosso invece del sistema massmediatico mondiale (lasciamo stare le minuscole eccezioni, noi compresi) che cosa fa? Punta ogni energia e ogni attenzione su due richieste specifiche, tanto specifiche che una non verrà nemmeno citata e l’altro troverà spazio, ma indirettamente, in tre soli dei 94 paragrafi del documento conclusivo del Sinodo: il cosiddetto matrimonio tra omosessuali e l’apertura all’eucarestia dei divorziati risposati civilmente. E a attorno a queste due questioni viene poi fatto ruotare l’intero carosello massmediatico al riguardo, con il conseguente oscuramento di tutto il resto. In Italia può così impunemente accadere che ieri, a conclusione del Sinodo, con coro unanime da un estremo all’altro dell’ordine costituito «laico», il Corriere della Sera proclami in prima pagina che “Il Sinodo apre sulla comunione ai divorziati” e Il Fatto Quotidiano che “Il Papa ottiene dal Sinodo un’apertura sui divorziati”. E che su la Repubblica Eugenio Scalfari esca con un suo “motu proprio” nel quale si spiega al Papa che cosa deve fare adesso.
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