Sinodo in confusione. La "Relatio finalis" tra gli oggetti smarriti
Settimo Cielodi Sandro Magister
Il primo a mettere in dubbio che una "Relatio finalis" vi sarà, al termine di questo sinodo, è stato il cardinale di Manila Luis Antonio Gokim Tagle, uno dei quattro presidenti delegati dell'assise.
Venerdì 9 ottobre, in conferenza stampa, il cardinale si è riscoperto storico della Chiesa – come in effetti è, con la "scuola di Bologna" – è ha ripercorso la sequenza dei sinodi, dal primo con Paolo VI all'attuale. Con un botto finale che ha lasciato tutti di sasso:
> Relazione del segretario generale
> Briefing per fornire informazioni su tema e metodo della XIV Assemblea
> Calendario dei lavori
Come non detto. Alla fine della prima delle tre settimane del sinodo, improvvisamente nessuno sa più come il sinodo andrà a finire.
Sabato 10 ottobre è toccato a padre Federico Lombardi confermare che il sinodo ha perso la bussola:
Lombardi rimanda a quanto detto il giorno prima dal cardinale Tagle. Che in effetti aveva anche aggiunto qualcosa d'altro, e di molto appropriato:
Sta di fatto che in nome di questa "vita vera" non solo non vi sarà più una classica esortazione post-sinodale del papa, ma forse nemmeno più una "Relatio finalis" dei lavori del sinodo stesso, votata punto per punto. In questo caso a chiudere tutto – per modo di dire, perché qui l'incompiutezza regna sovrana – sarà solo un discorso di papa Francesco.
*
Ma non è finita. Perché il 10 ottobre padre Lombardi ha dato notizia di un altro cambiamento avvenuto in corso d'opera.
Stando al calendario del sinodo, la discussione sia in aula che nei circoli minori avrebbe dovuto seguire l'ordine delle tre parti del documento base, l'"Instrumentum laboris", con ognuna di esse introdotta ogni volta da una "presentazione del relatore generale", il cardinale Péter Erdõ.
Invece al cardinale Erdõ – autore il 5 ottobre di una formidabile relazione generale introduttiva che ha seminato il panico tra i novatori – non è più stato dato il microfono per tornare a presentare le tre parti dell'"Instrumentum", e gli interventi in aula sono andati avanti per conto loro. Col risultato che sabato 10 ottobre già si è cominciato a parlare in aula della parte terza, quella più appetibile, con i piatti forti del divorzio e dell'omosessualità, mentre nei circoli linguistici ancora si andava avanti fino a mercoledì 14 a discutere e votare sulla seconda parte del documento.
Il 10 ottobre padre Lombardi ha detto serafico che degli interventi in aula in anticipo sui tempi, quelli dedicati alla terza parte dell'"Instrumentum", avrebbe dato conto ai giornalisti un paio di giorni più in là. Per non far confusione.
Settimo Cielodi Sandro Magister
Il primo a mettere in dubbio che una "Relatio finalis" vi sarà, al termine di questo sinodo, è stato il cardinale di Manila Luis Antonio Gokim Tagle, uno dei quattro presidenti delegati dell'assise.
Venerdì 9 ottobre, in conferenza stampa, il cardinale si è riscoperto storico della Chiesa – come in effetti è, con la "scuola di Bologna" – è ha ripercorso la sequenza dei sinodi, dal primo con Paolo VI all'attuale. Con un botto finale che ha lasciato tutti di sasso:
"In passato i circoli minori proponevano proposizioni per il Santo Padre, che poi scriveva una esortazione post-sinodale, ma i primi sinodi di Paolo VI non finivano con una esortazione papale. Paolo VI permise al sinodo di pubblicare il proprio documento finale, e solo con la 'Evangelii nuntiandi' iniziò la pratica delle 'propositiones' per l'esortazione papale, ma suppongo che non sia obbligatorio. Oggi, a questo riguardo, attendiamo la decisione del papa".Attendiamo?
Ma non era stato detto e ridetto, l'ultima volta il 5 ottobre in apertura dei lavori, in forma ufficialissima, dal segretario generale del sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, che una "Relatio finalis" ci doveva essere e doveva essere discussa e votata e infine consegnata al papa, e che a questo approdo tutti i lavori del sinodo erano finalizzati?
> Relazione del segretario generale
E non era stato papa Francesco, lui di persona, a nominare il 2 ottobre una commissione di dieci cardinali e vescovi in rappresentanza dei cinque continenti proprio "per l'elaborazione della relazione finale"?
> Briefing per fornire informazioni su tema e metodo della XIV Assemblea
E il meticoloso calendario del sinodo reso pubblico il 2 ottobre non dedica forse ben quattro giorni, dal 21 al 24 del mese, alla scrittura della "relazione finale", alla sua presentazione in aula, alla discussione e presentazione delle osservazioni scritte, alla riscrittura della stessa, alla sua ripresentazione in aula e alla sua votazione definitiva?
> Calendario dei lavori
Come non detto. Alla fine della prima delle tre settimane del sinodo, improvvisamente nessuno sa più come il sinodo andrà a finire.
Sabato 10 ottobre è toccato a padre Federico Lombardi confermare che il sinodo ha perso la bussola:
"Riguardo alle votazioni, la maggioranza dei due terzi si pone solo nella relazione finale. Ovviamente se ci sarà. Perché ancora non abbiamo la certezza di come avverrà la conclusione, cioè se ci sarà un documento finale. Vedremo se il papa darà delle indicazioni precise".
Lombardi rimanda a quanto detto il giorno prima dal cardinale Tagle. Che in effetti aveva anche aggiunto qualcosa d'altro, e di molto appropriato:
"Il metodo nuovo adottato dal sinodo probabilmente è costato un po' di confusione, ma è bene essere confusi ogni tanto. Se le cose sono sempre chiare non sarebbe più la vita vera".
Sta di fatto che in nome di questa "vita vera" non solo non vi sarà più una classica esortazione post-sinodale del papa, ma forse nemmeno più una "Relatio finalis" dei lavori del sinodo stesso, votata punto per punto. In questo caso a chiudere tutto – per modo di dire, perché qui l'incompiutezza regna sovrana – sarà solo un discorso di papa Francesco.
*
Ma non è finita. Perché il 10 ottobre padre Lombardi ha dato notizia di un altro cambiamento avvenuto in corso d'opera.
Stando al calendario del sinodo, la discussione sia in aula che nei circoli minori avrebbe dovuto seguire l'ordine delle tre parti del documento base, l'"Instrumentum laboris", con ognuna di esse introdotta ogni volta da una "presentazione del relatore generale", il cardinale Péter Erdõ.
Invece al cardinale Erdõ – autore il 5 ottobre di una formidabile relazione generale introduttiva che ha seminato il panico tra i novatori – non è più stato dato il microfono per tornare a presentare le tre parti dell'"Instrumentum", e gli interventi in aula sono andati avanti per conto loro. Col risultato che sabato 10 ottobre già si è cominciato a parlare in aula della parte terza, quella più appetibile, con i piatti forti del divorzio e dell'omosessualità, mentre nei circoli linguistici ancora si andava avanti fino a mercoledì 14 a discutere e votare sulla seconda parte del documento.
Il 10 ottobre padre Lombardi ha detto serafico che degli interventi in aula in anticipo sui tempi, quelli dedicati alla terza parte dell'"Instrumentum", avrebbe dato conto ai giornalisti un paio di giorni più in là. Per non far confusione.
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