La profezia di un curato "rivoluzionario"
di Stefano Filippi
La grandezza di Georges Bernanos, visse nella prima metà del Novecento, è l’aver scritto testi profetici.
Il suo Diario di un curato di campagna prefigurava la solitudine e i tormenti di tanti sacerdoti. Ora Cantagalli ne pubblica una raccolta di saggi, in gran parte inediti in Italia, che andrebbero letti soltanto per il titolo: «La rivoluzione della libertà». Due parole – rivoluzione e libertà – che fanno sobbalzare nella stagione attuale di crisi, omologazione e sfiducia. Lo scrittore francese non è mosso da progetti ideologici, ma dall’amore per Dio: «Per essere felici bisogna vivere e morire per Lui, offrendo tutto il proprio aiuto affinché il Suo regno arrivi».
Bernanos era un cattolico incendiario che non fuggiva lo scontro: finì in galera dopo tafferugli nelle strade di Parigi e nel 1914 combatté volontario nelle trincee francesi in «disgusto per lo spirito borghese». Temprati in questo fuoco, i suoi testi sono passione pura che diventa un’acuta intelligenza della realtà. Egli racconta «quel che voi subite senza sentire, l’immensa pressione esercitata da ogni ora giorno e notte, su tutti noi, dal conformismo universale, anonimo». «L’uomo moderno è un allucinato», scrive: «L’angoscia si è sostituita alla fede».
Bernanos era un cattolico incendiario che non fuggiva lo scontro: finì in galera dopo tafferugli nelle strade di Parigi e nel 1914 combatté volontario nelle trincee francesi in «disgusto per lo spirito borghese». Temprati in questo fuoco, i suoi testi sono passione pura che diventa un’acuta intelligenza della realtà. Egli racconta «quel che voi subite senza sentire, l’immensa pressione esercitata da ogni ora giorno e notte, su tutti noi, dal conformismo universale, anonimo». «L’uomo moderno è un allucinato», scrive: «L’angoscia si è sostituita alla fede».
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