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jueves, 31 de enero de 2013

Dialogo con ROBERT SPAEMANN su cosa salva la ragione dall’autodistruzione: la conoscenza e l’amore.

Elogio dell'ingenuità 
(o dell’obbedienza intelligente)

Ubaldo Casotto


L'ANNO DELLA FEDE - SAPERE E CREDERE

È considerato uno dei massimi filosofi cattolici viventi. Lui di sé dice: «Sono un cattolico che fa il filosofo». Dialogo con ROBERT SPAEMANN su cosa salva la ragione dall’autodistruzione: la conoscenza e l’amore. Perché «mettere in dubbio Dio vuol dire mettere in dubbio la realtà stessa»

Presentando Fini naturali. Storia e riscoperta del pensiero teleologico, il cardinale Camillo Ruini ha detto: «Considero questo libro, assieme a Persone. Sulla differenza fra “qualcosa” e “qualcuno”, il capolavoro di Robert Spaemann». Per chi volesse conoscere il pensiero di questo ottantacinquenne pensatore tedesco considerato uno dei massimi filosofi cattolici viventi (anche se di sé preferisce dire: «Sono un cattolico che fa il filosofo»), vale la pena menzionare almeno altri due suoi lavori: Natura e ragione. Saggi di antropologia (a cura di Luca F. Tuninetti, Edusc) e Cos’è il naturale: natura, persona, agire morale (a cura di Ugo Perone, Rosenberg & Sellier).
Fini naturali esce in una collana intitolata “La ragionevolezza della fede”, cui il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione ha concesso l’utilizzo del logo ufficiale dell’Anno della Fede. Spaemann era a Roma nei giorni scorsi. Tracce l’ha incontrato.

Mi sembra significativa la pubblicazione in Italia di questo suo libro durante l’Anno della Fede. Lei denuncia il dualismo del pensiero contemporaneo tra naturalismo e spiritualismo, per Benedetto XVI il problema della cultura positivistica è la frattura tra sapere e credere. La fede non c’entra più con la ragione, quindi con la vita. La fede può aiutare la ragione moderna a rimettere al centro l’uomo, il suo bene e non il suo possesso e il suo uso?
Effettivamente oggi è la fede cristiana che difende la ragione dalla sua autodistruzione. Già Cartesio lo aveva visto. Lui ha mostrato che, se lo vogliamo, possiamo sempre dubitare del risultato della nostra comprensione razionale, anche di ciò che è evidente: secondo Cartesio, infatti, potrebbe trattarsi dell’inganno di un genio maligno. Oggi non abbiamo bisogno dell’ipotesi di un genio maligno, ma la verità in quanto risultato di una evidenza è soltanto una condizione mentale soggettiva condizionata dal processo evolutivo che, stando alla fede evoluzionistica, ci offre un vantaggio rispetto al resto della natura. Cartesio aveva bisogno dell’idea di Dio per giustificare la fiducia nella ragione umana.

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