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jueves, 9 de abril de 2015

Vangeli e Sindone, si pensi che abbiamo più di quindicimila manoscritti del Nuovo Testamento ...


Vangeli e Sindone, una coincidenza straordinaria


di Francesco Agnoli


Professore di storia e filosofia in un prestigioso istituto veronese paritario, Marco Fasol studia da anni la questione dell’autenticità dei Vangeli canonici alla luce delle più moderne conoscenze filologiche e documentali. Un argomento di nicchia, che è esploso ai tempi de Il codice da Vinci di Dan Brown, quando milioni di persone hanno appreso, per la prima volta, dell’esistenza dei cosiddetti Vangeli apocrifi, e, con il gusto classico delle cose proibite, si sono fatti guidare da un narratore americano in un percorso romanzesco ed immaginifico che però non ha, con i fatti, alcun collegamento.

L’idea che i veri Vangeli siano quelli apocrifi (o qualcuno di essi), non era nuova:

Dan Brown, notoriamente vicino ad ambienti esoterici, poteva trovarne traccia in altri passaggi della storia. Vari gerarchi nazisti, per esempio, erano convinti dell’esistenza di un Quinto Vangelo, nascosto dalla Chiesa, in cui erano contenute verità coerenti con l’ideologia nazional-socialista, e in conflitto, invece, con la dottrina cattolica. Proprio per fornire a molti lettori conoscenze scientifiche sui Vangeli canonici ed apocrifi, Fasol scrisse un libretto, Il codice svelato, che fu un autentico best seller. Oggi ritorna sull’argomento, in tutt’altro contesto: infatti il suo saggio sull’autenticità dei Vangeli, pubblicato da Fede & Cultura, esce insieme ad un saggio della scienziata Emanuela Marinelli, sulla Sindone. Il titolo: Luce dal sepolcro. Indagine sull’autenticità della Sindone e dei Vangeli. Fasol e Marinelli offrono ai lettori una panoramica completa degli studi sui Vangeli e delle ricerche scientifiche svolte, nel corso dei decenni, sulla Sindone. Abbiamo intervistato Marco Fasol per capire meglio cosa vi sia dietro lo studio dei Vangeli.

Professor Fasol, anzitutto, qualcosa sulla lingua dei Vangeli.

Gli studi più recenti sui Vangeli hanno messo in evidenza che la lingua greca, in cui è stato scritto tutto il Nuovo Testamento, rivela chiarissimi riferimenti ad una originale predicazione in lingua aramaica, la madrelingua di Gesù di Nazareth. Almeno 26 parole dei Vangeli sono rimaste in aramaico, perché gli evangelisti non hanno voluto tradurle in greco. Volevano che risuonassero ai lettori proprio nella massima fedeltà alla voce del Maestro. Tra queste parole possiamo ricordare l’importantissima parola aramaica “Abbà”, un vocativo singolarissimo con cui il Maestro si rivolgeva al Padre, chiamandolo “papà” (Abbà appunto), con la massima confidenza e familiarità filiale. Si pensi poi che i Vangeli ripetono per cinquanta volte il termine ebraico “amen”, che significa “in verità”, altro uso singolare del Maestro, che introduceva abitualmente il suo discorso ripetendo per due volte “in verità, in verità”. Altri esempi celeberrimi sono le ultime parole sulla croce “Eloì, Eloì, lama sabactani?”, “Talita qum”, “rabbì”, “effatà”. Tutti segni di massima fedeltà storica.

Quando si è cominciato ad applicare i principi della filologia al testo sacro?

È stato soprattutto nel Novecento che si è approfondita la ricerca su “forme linguistiche”, “generi letterari” e “contesto storico” che stanno alla base dei testi evangelici. Per fare un riferimento preciso, possiamo ricordare il documento della Pontificia Commissione Biblica De historica Evangeliorum veritate, (LEV, Città del Vaticano, 1964). In questo testo si riconosce la legittimità del metodo storico-critico nello studio dei Vangeli. Anche il Concilio Vaticano II, nella Dei Verbum (1965), al n. 19, afferma senza esitazione la storicità dei quattro Vangeli, a dimostrazione del fatto che gli studi filologici hanno confermato la fedeltà storica dei testi.

A quali risultati si è giunti?

La filologia ha approfondito lo studio delle “forme linguistiche” antiche individuando alcune strutture tipiche dell’aramaico (lingua orale, il dialetto della Galilea) ed ebraico (lingua scritta, utilizzata dagli scribi della Giudea), le lingue originali parlate da Gesù. Queste strutture linguistiche sono estranee alla letteratura greca, quindi sono un segno evidente dell’origine semitica dei Vangeli. Possiamo dire che i vangeli sono stati pensati in aramaico e poi tradotti in greco. Il corpo è greco, ma l’anima è semitica.

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