Follie giuridiche tra divorzio e omosessualità
di Tommaso Scandroglio
Questa storia inizia nel 2005 a Bologna quando lui e lei si sposano. Poi lui, di nome Alessandro, “cambia” sesso e diventa all’anagrafe Alessandra. La legge 164/82 prevede in questi casi il divorzio automatico e la cessazione dei rispettivi diritti e doveri coniugali.
Previsione più che logica dato che per il nostro ordinamento giuridico esiste un unico matrimonio, quello contratto tra un uomo e una donna. Ma il fu Alessandro non ci sta e tra corsi e ricorsi arriva sino alla Corte costituzionale la quale nel 2014, nella sentenza n. 170, dichiara che Alessandra/o non è più sposata/o con sua moglie ed aggiunge che il Parlamento deve affrettarsi a tutelare coppie come queste le quali avrebbero tutto il diritto di vedersi riconosciute giuridicamente qualche forma di convivenza registrata a livello amministrativo.
Questo perché, secondo la Corte, le unioni omoaffettive sarebbero tutelate dall’art. 2 della Costituzione che garantisce i diritti del singolo anche nelle formazioni sociali. Ma per i padri costituenti tale espressione stava ad indicare le associazioni, i partiti politici, le confessioni religiose, etc. e non certo le convivenze, tanto meno quelle omosessuali. Detto ciò, la Consulta ha passato la palla alla Corte di cassazione perché disciplinasse il caso concreto.
Previsione più che logica dato che per il nostro ordinamento giuridico esiste un unico matrimonio, quello contratto tra un uomo e una donna. Ma il fu Alessandro non ci sta e tra corsi e ricorsi arriva sino alla Corte costituzionale la quale nel 2014, nella sentenza n. 170, dichiara che Alessandra/o non è più sposata/o con sua moglie ed aggiunge che il Parlamento deve affrettarsi a tutelare coppie come queste le quali avrebbero tutto il diritto di vedersi riconosciute giuridicamente qualche forma di convivenza registrata a livello amministrativo.
Questo perché, secondo la Corte, le unioni omoaffettive sarebbero tutelate dall’art. 2 della Costituzione che garantisce i diritti del singolo anche nelle formazioni sociali. Ma per i padri costituenti tale espressione stava ad indicare le associazioni, i partiti politici, le confessioni religiose, etc. e non certo le convivenze, tanto meno quelle omosessuali. Detto ciò, la Consulta ha passato la palla alla Corte di cassazione perché disciplinasse il caso concreto.
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