La strategia ideologica globale
delle istituzioni internazionali
di Lupo Glori
Se qualcuno aveva qualche dubbio sul carattere ideologico delle istituzioni internazionali dopo le ultime inequivocabili stoccate messe a segno da quest’ultime si dovrà ricredere. L’approvazione del “rapporto Lunacek” lo scorso 4 febbraio da parte del Parlamento europeo e, con un tempismo sintomatico, l’atto d’accusa dell’ONU nei confronti della Santa Sede per l’abuso sui minori, gettano definitivamente la maschera mostrando, se ce n’era bisogno, il volto ideologico e anti cattolico dei poteri forti internazionali.
L’approvazione, alcuni mesi fa, da parte di un’altra delle istituzioni più rappresentative, l’“Organizzazione Mondiale della Sanità” (OMS), del documento sugliStandard per l’educazione sessuale per la pianificazione e l’attuazione di politiche di promozione della salute sessuale e riproduttiva non era stato che la prima avvisaglia di una decisa e pianificata strategia globale finalizzata a promuovere ed calare dall’alto i propri perversi progetti politici. Non è difficile individuare il filo ideologico che accomuna questi tre atti che seppur emanati da entità distinte si propongono il medesimo fine: il sovvertimento dell’ordine naturale e cristiano.
Il rapporto ONU contro la Santa Sede sulla questione degli abusi dei minori sembra essere un pretesto per un attacco frontale e più generale rivolto alla Chiesa cattolica e a tutto ciò che essa rappresenta.
Le istituzioni internazionali pretendono tappare la bocca all’ultimo e indomito baluardo contro l’attuale dilagante relativismo morale, arrivando ad esigere che rinunci a proclamare la propria millenaria dottrina in campo sociale mettendo la propria autorità al servizio dei loro folli piani ideologici.
Nel durissimo atto di accusa in sedici pagine la “Commissione Onu per i diritti dei minori” esorta infatti la Chiesa a «fare pieno uso della sua autorità morale per condannare tutte le forme di molestia, discriminazione o violenza contro bambini sulla base del loro orientamento sessuale o l’orientamento sessuale dei loro genitori e a sostenere gli sforzi a livello internazionale per la depenalizzazione dell’omosessualità».
Il rapporto ONU, al punto 53, riprende la Santa Sede anche sul tema dell’aborto. Il Comitato, infatti, «esprime la sua più profonda preoccupazione per il caso di una bambina di 9 anni in Brasile che nel 2009 dovette fare un intervento di aborto salva-vita dopo essere stata stuprata dal suo padre putativo, la cui madre come il dottore che praticò l’aborto furono sanzionati (sic) dal vescovo di Pernambuco, una sanzione che è stata poi approvata dal capo della Congregazione dei Vescovi della Chiesa cattolica». Al punto 55, la Sede Apostolica, viene addirittura esortata a mettere mano al proprio Codice di diritto canonico dichiarando come essa debba «rivedere la sua posizione sull’aborto che pone ovvi rischi sulla vita e la salute delle ragazze incinte e di emendare il canone 1398 relativo all’aborto con una visione che identifichi le circostanze sotto cui l’accesso ai servizi di aborto può essere permesso».
Non manca nel documento ONU un esplicito riferimento alla promozione della teoria del gender sulla quale la Chiesa cattolica viene strigliata per le proprie anacronistiche posizioni, leggiamo infatti: «la Santa Sede continua a porre enfasi sulla promozione della complementarietà e dell’eguaglianza in dignità, due concetti che differiscono dall’eguaglianza per legge e per pratica delineata nell’articolo 2 della Convenzione e che sono spesso usati per giustificare legislazioni e politiche discriminatorie». A tale proposito la Commissione «chiede alla Santa Sede di prendere misure attive per rimuovere dai libri di testo delle scuole cattoliche tutti gli stereotipi sul gender che possono limitare lo sviluppo dei talenti e delle abilità di ragazzi e ragazze e minano le loro opportunità educative e di vita».
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