Anatrella: «Sconvolgere l'identità sessuale è premessa per ideologie totalitarie»
Luciano Moia
«Una deriva culturale, sostenuta da una lobby intellettuale e politica potentissima, che rischia di minare alle radici le basi stesse della civiltà occidentale. Opporsi e reagire dovrebbe essere compito di tutte le persone di buona volontà ». Lo sostiene monsignor Tony Anatrella, sacerdote e psicanalista francese, tra i massimi studiosi mondiali del 'rischio gender', autore di numerosi saggi sul tema. Ieri sera, al Centro culturale di Milano, ne ha presentati due, gli ultimi tradotti in italiano, La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità e Il regno di Narciso, entrambi pubblicati dalla San Paolo.
Più volte lei ha sostenuto che all’origine del 'gender' c’è una grande bugia: pretendere cioè che l’identità sessuale si possa cambiare a piacimento, secondo una prospettiva immaginaria che non tiene conto del dato biologico. Perché è pericoloso incoraggiare questa convinzione?
Perché si rischia di creare le condizioni per un’immaturità diffusa della società. E se la società si 'infantilizza', va incontro ad un inevitabile arretramento e si disgrega. Quindi la convivenza sociale diventerebbe più difficile per tutti. Ci si illude di costruire libertà e invece si apre la strada al totalitarismo.
Un quadro a tinte fosche. Il 'gender' potrebbe davvero innescare questo imbarbarimento collettivo?
Senz’altro. Perché se noi pretendiamo di costruire la società sulla base delle pulsioni più elementari, senza tenere conto della differenza sessuale maschilefemminile, noi costruiamo un’ideologia completamente sganciata dalla realtà. E i danni causati dalle ideologie nella storia dell’uomo sono ben noti.
Lei ha spiegato che questo pensiero perverso, sorto nei Paesi occidentali, sta contaminando anche l’Asia e l’Africa. Ma quali sono concretamente i problemi che potrebbero derivare dalla diffusione di queste teorie?
Il 'gender' è l’arma più efficace per destabilizzare le famiglie perché, sulla base di un falso egualitarismo, frutto di un femminismo malinteso, pretendere di escludere l’uomo da qualsiasi decisione in merito alla maternità. Il 'gender' è il preludio per far passare autentici attentati sociali, come la cosiddetta 'pianificazione familiare', cioè la cultura dell’aborto come mezzo di controllo delle nascite, imposta con la forza economica dei grandi organismi internazionali.
Eppure le teorie del 'gender' sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di numerosi Stati occidentali. È davvero così potente la lobby culturale che le sostiene?
Eppure le teorie del 'gender' sono riuscite a fare breccia nelle legislazioni di numerosi Stati occidentali. È davvero così potente la lobby culturale che le sostiene?
Potentissima. Il concetto di 'gender' nasce negli anni Cinquanta, negli Stati Uniti, sulla scia dei movimenti femministi e delle organizzazioni omosessuali. Ma è a partire dagli anni Settanta, nel clima di libertarismo che pretendeva di annullare ogni differenza in nome di una società più giusta e con diritti uguali per tutti, che si espande, diventa arma politica, arriva ad influire sulle legislazioni nazionali. E da spinta verso nuove libertà diventa strumento oppressivo. Perché quando si arriva a cancellare dal codice civile i nomi di 'padre' e di 'madre', come successo per esempio in Spagna o in Canada, si calpesta la realtà e si compie una grave ingiustizia. Tanto più intollerabile perché arriva direttamente dallo Stato.
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