Denatalità, tasse, immigrazione.
Ecco perché finiremo come l'Impero Romano
di Massimo Introvigne
Si può parlare male della Francia finché si vuole, ma bisogna riconoscere ai francesi la capacità di promuovere dibattiti culturali che vanno al di là delle banalità quotidiane. Ne è un buon esempio la vasta discussione che continua sul libro dello storico e giornalista Michel De Jaeghere «Gli ultimi giorni. La fine dell'Impero romano d'Occidente» (Les Belles Lettres, Parigi 2014). Nel febbraio 2015 il mensile cattolico «La Nef» ha dedicato a questo tomo di oltre seicento pagine un numero speciale con diversi articoli pertinenti, ma del libro si continua a parlare negli ambienti più diversi, talora con toni molto accesi.
Perché appassionarsi nel 2015 alla caduta dell'Impero romano? Si tratta certo di uno degli eventi più importanti della storia universale. Ma in realtà il dibattito francese è divenuto rapidamente politico, perché le vicende finali dell'Impero romano ricordano da vicino - lo aveva del resto già notato Benedetto XVI - quelle di un'altra civiltà che sta morendo, la nostra.
De Jaeghere ripete anzitutto quello che è ovvio per gli storici accademici, anche se talora è negato da propagandisti dell'ateismo e nostalgici del paganesimo - forse più presenti e molesti in Francia che altrove -: l'Impero romano non cadde per colpa del cristianesimo. La tesi secondo cui i cristiani, con il loro messaggio di amore e di pace, avrebbero reso l'Impero imbelle di fronte ai barbari - per non risalire a polemisti pagani dei primi secoli come Celso - è stata diffusa dall'Illuminismo, con Voltaire e con lo storico inglese Edward Gibbon. Ma, come ricorda De Jaeghere, è totalmente falsa. Agli inizi del quinto secolo i cristiani nell'Impero romano d'Occidente sono solo il dieci per cento. Sono maggioranza nell'Impero d'Oriente, ma questo resisterà alle invasioni e sopravvivrà per mille anni. Ed è il dieci per cento cristiano che cerca di mantenere in vita Roma e la sua cultura, con vescovi e intellettuali come Ambrogio e Agostino ma anche con generali che si battono fino allo spasimo per difendere l'Impero, come Stilicone ed Ezio, e con tanti soldati cristiani protagonisti di fatti d'arme eroici.
Accantonate le sciocchezze sul cristianesimo, resta la domanda su come l'immenso Impero romano sia potuto cadere.
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Si può parlare male della Francia finché si vuole, ma bisogna riconoscere ai francesi la capacità di promuovere dibattiti culturali che vanno al di là delle banalità quotidiane. Ne è un buon esempio la vasta discussione che continua sul libro dello storico e giornalista Michel De Jaeghere «Gli ultimi giorni. La fine dell'Impero romano d'Occidente» (Les Belles Lettres, Parigi 2014). Nel febbraio 2015 il mensile cattolico «La Nef» ha dedicato a questo tomo di oltre seicento pagine un numero speciale con diversi articoli pertinenti, ma del libro si continua a parlare negli ambienti più diversi, talora con toni molto accesi.
Perché appassionarsi nel 2015 alla caduta dell'Impero romano? Si tratta certo di uno degli eventi più importanti della storia universale. Ma in realtà il dibattito francese è divenuto rapidamente politico, perché le vicende finali dell'Impero romano ricordano da vicino - lo aveva del resto già notato Benedetto XVI - quelle di un'altra civiltà che sta morendo, la nostra.
De Jaeghere ripete anzitutto quello che è ovvio per gli storici accademici, anche se talora è negato da propagandisti dell'ateismo e nostalgici del paganesimo - forse più presenti e molesti in Francia che altrove -: l'Impero romano non cadde per colpa del cristianesimo. La tesi secondo cui i cristiani, con il loro messaggio di amore e di pace, avrebbero reso l'Impero imbelle di fronte ai barbari - per non risalire a polemisti pagani dei primi secoli come Celso - è stata diffusa dall'Illuminismo, con Voltaire e con lo storico inglese Edward Gibbon. Ma, come ricorda De Jaeghere, è totalmente falsa. Agli inizi del quinto secolo i cristiani nell'Impero romano d'Occidente sono solo il dieci per cento. Sono maggioranza nell'Impero d'Oriente, ma questo resisterà alle invasioni e sopravvivrà per mille anni. Ed è il dieci per cento cristiano che cerca di mantenere in vita Roma e la sua cultura, con vescovi e intellettuali come Ambrogio e Agostino ma anche con generali che si battono fino allo spasimo per difendere l'Impero, come Stilicone ed Ezio, e con tanti soldati cristiani protagonisti di fatti d'arme eroici.
Accantonate le sciocchezze sul cristianesimo, resta la domanda su come l'immenso Impero romano sia potuto cadere.
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