Il figlio del rabbino che diventò l'avvocato del crocefisso
di Maria Antonietta Calabrò
Se ancora oggi nelle aule italiane si può esporre il crocefisso lo si deve a Joseph H. H. Weiler, americano, ebreo osservante, figlio di un rabbino, che è stato letteralmente «l'avvocato del crocefisso» davanti alla Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella causa «Lautsi contro Italia». È membro dell'Accademia americana delle arti e delle scienze. Uno dei suoi seminari alla New York University School of Law per questo semestre è incentrato su «Leggi religiose e la sfida della scienza e dei costumi contemporanei».
Professor Weiler, lei è un giurista e un credente. Qual è il ruolo che la religione può svolgere nello spazio pubblico?
«Nel pensiero laico, oggi, si sostiene che la religione sia una cosa privata, debba occuparsi della crisi privata della vita, della concezione personale della vita, ma che la vita pubblica debba essere lasciata agli altri. Invece non è necessariamente così, e non è ovunque così, nella storia della democrazia. Pensiamo alla madre di tutte le democrazie, la Gran Bretagna. Ecco: in Gran Bretagna la maggiore autorità ecclesiastica anglicana, l'arcivescovo di Canterbury, ha un posto di diritto tra i legislatori. Fa parte del Parlamento ex officio, cioè nella sua qualità di capo spirituale della Chiesa anglicana. Per ragioni di uguaglianza anche il primate cattolico fa parte del Parlamento e, per ragioni di cortesia, hanno invitato tra i legislatori anche il rabbino capo. Tutto questo è accettato dalla popolazione britannica, che pure non è religiosa in maniera attiva nella sua grande maggioranza».
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