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domingo, 8 de febrero de 2015

L’illusione di questo continuo partire


Sentirsi irrequieti, desiderare di essere altrove, partire e scoprire che “no, non è nemmeno qui”


Marina Corradi

Da tutta la vita mi prende certe mattine una irrequietezza, come la necessità assoluta di andare in un luogo diverso da quello in cui mi trovo. Si impadronisce di me l’idea che, se fossi in quella data città, o se vedessi il mare, sarei felice: e che quell’accidia, quella malinconia che ho sempre addosso se ne andrebbero, se fossi altrove.

Tante volte, fin da quando ero ragazza, ho ubbidito a questo istinto di partire, da sola, sospinta dall’idea che “laggiù” sarebbe stato diverso, oppure, addirittura, sarei stata diversa io. E sono partita per le Dolomiti, assaporando i chilometri sull’autostrada, e la pianura che da Verona si stringe nella valle del Brennero: e il verde denso dell’Adige mi pareva già promettere quell’altro mondo, in cui sarei stata felice. E il profilarsi delle prime vette, nella foschia dell’orizzonte, con più forza mi assicurava che lassù sarebbe stato diverso, e mi sarei sentita in pace.

Oppure andavo in una città grande come Londra, e nelle prime ore la maestosità severa del Tamigi, la vitalità intensa di Piccadilly Circus mi incantavano, tanto che mi dicevo: ecco, vedi, qui è diverso. Eppure ogni volta, dopo una breve contentezza, mi sono sentita smarrita: “No, non è qui”. E quante volte sono tornata e sono ripartita – il viaggio, in questi pellegrinaggi, era sempre la cosa più bella, carico di speranza com’era – per altre mete, in auto, gustando i paesaggi che cambiavano, nella illusione di stare andando finalmente dove mi sarei liberata della mia irrequietezza. E sempre no, invece, ogni volta, delusa, “no, nemmeno qui”.

Ormai mi rifiuto di dare retta a questa ingannevole sirena, che tuttavia mi tenta ancora.

......

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