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miércoles, 11 de febrero de 2015

La ricetta del “moderato” imam di al Azhar


Terrore contro gli infedeli: 
la ricetta del “moderato” imam di al Azhar

di Matteo Matzuzzi


Confidavano molto, in Vaticano, sul ruolo di mediatore del grande imam di al Azhar, Ahmed al Tayeb, colui che due giorni fa – guardando il rogo del pilota giordano trasmesso in mondovisione dal network del Califfato – auspicava la crocifissione o la mutilazione per tutti gli sgherri di Abu Bakr al Baghdadi, rompendo il silenzio che troppi, nella umma, avevano tenuto dinanzi alle scorribande delle milizie nere. 

Fino a qualche anno fa veniva a Roma e partecipava ai meeting di Sant’Egidio dando sfoggio della sua sterminata cultura. 

Parlava dell’occidente che aveva colonizzato e sottomesso l’Egitto, andava a fare visita al Papa copto dopo che qualche chiesa veniva data alle fiamme tra il Cairo e Alessandria. 

Si ricordava, in quei meeting, il suo dottorato di ricerca in Filosofia islamica alla Sorbona, quasi fosse garanzia sufficiente di moderazione. 

Poi, nel gennaio del 2011, la rottura. 

Benedetto XVI, all’Angelus del 2 gennaio, si disse addolorato per “il grave attentato contro la comunità cristiana copta compiuto ad Alessandria d’Egitto” che aveva causato decine di morti. 

Parlava della strage come di “un vile gesto di morte”, pari a quello “di mettere bombe vicino alle case di cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene”. 

Immediata fu la replica del moderato al Tayeb, che definì le parole di Ratzinger “un intervento inaccettabile negli affari dell’Egitto”. 

Non solo, perché il Pontefice oggi emerito veniva accusato di avere “una visione sbilanciata su musulmani e cristiani” e gli si rimproverava di non aver “chiesto la protezione dei musulmani quando erano massacrati in Iraq”.

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