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lunes, 13 de enero de 2014

Intervista al cardinale arcivescovo di Milano che apre il 2014 invitando i cristiani a impegnarsi in politica. Con un compito preciso

Scola e la politica: «Basta proteste,
 senza amicizia civica non c’è speranza.
 Questo può essere l’anno della ripresa»

Luigi Amicone


«I cristiani e gli uomini delle religioni devono promuovere con decisione, anche pagando di persona, figure e forme politiche nuove. A garanzia di un rinnovato, necessario stile politico non basta il pur utile venire in primo piano di generazioni più giovani».

Sono parole risuonate mercoledì 1 gennaio nel Duomo di Milano, durante la Messa nell’Ottava del Natale. A pronunciarle è stato l’arcivescovo della città meneghina, cardinale Angelo Scola. Davanti a 6 mila fedeli e alla presenza dei responsabili del consiglio delle Chiese cristiane. 

Dalla cattedra che fu di Ambrogio, Scola dunque si appella alla politica. E chiede ai cristiani di impegnarsi in politica assecondando «la tensione all’ideale del bene comune che non è utopia, ma richiede di subordinare sempre gli interessi legittimi delle persone, dei corpi sociali e dei partiti al bene della famiglia universale. 

La fraternità è questo bene. E la fraternità domanda gratuità, abnegazione. 

Nessuna diversità e nessun conflitto riuscirebbero a impedire questo nuovo ordine, se l’ideale del bene comune fosse stabilmente e tenacemente ricercato, mediante l’auto-esposizione di tutti gli attori in campo. Questo stile di vita sociale, culturale e politica comporta uno sguardo integrale sull’umano. Per i cristiani domanda che non si separi la fede dalla vita».

Il nuovo anno si apre nel segno di grandi aspettative. La parola più ricorrente nel discorso pubblico è “riforme”. Eminenza, sarà il 2014 l’anno della ripresa?

Sicuramente l’atteggiamento della “ripresa” è connaturato all’uomo. Lo dicevo ai detenuti di Opera che ho incontrato la vigilia di Natale. 

Il tempo dell’espiazione, dicevo loro, non può non essere tempo di ripresa. 

Ogni uomo, per il suo limite e la sua fragilità, ha bisogno di “riprendere”. 

Nella vita associata questa dinamica si impone, evidentemente sotto forme diverse, come una gravosa urgenza, ma è impossibile assecondarla se non si parte dalla persona.

Credo che il 2014 possa segnare un inizio di ripresa. Non anzitutto perché il Pil non sia più in caduta libera o perché i complessi problemi sociali trovino una via di soluzione, o perché si sblocchi il grave incartamento politico che ancora persiste. 

Non intendo ovviamente sottovalutare questi aspetti assai problematici della crisi, ma sono convinto che una ripresa sarà possibile nella misura in cui il nuovo anno ci vedrà impegnati, in prima persona, con un senso di amicizia civica più magnanimo.

Senza “ripresa” di questa attitudine sarà impossibile la speranza al suo livello adeguato. E senza speranza non c’è energia per la ripresa.

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