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miércoles, 29 de junio de 2016

“Occidente”, prima di essere uno spazio geografico, è il nome di una civiltà.


La Brexit e il destino dell’Occidente

di Roberto de Mattei


Il referendum inglese del 23 giugno (Brexit) sancisce il crollo definitivo di un mito: il sogno di una “Europa senza frontiere”, costruita sulle rovine degli Stati nazionali. Il progetto europeista, lanciato con il Trattato di Maastricht del 1992, aveva in sé stesso i germi della sua auto-dissoluzione. Era del tutto illusorio pretendere di realizzare un’unione economica e monetaria prima di un’unione politica.

O, peggio ancora, immaginare di servirsi dell’integrazione monetaria per attuare l’unificazione politica. Ma altrettanto e ancor più illusorio era il progetto di pervenire ad un’unità politica, estirpando quelle radici spirituali che vincolano gli uomini a un comune destino. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea approvata dal Consiglio Europeo a Nizza nel dicembre 2000, non solo espunge ogni riferimento alle radici religiose dell’Europa, ma ha in sé una viscerale negazione dell’ordine naturale cristiano.

Il suo articolo 21, introducendo il divieto di qualsiasi discriminazione relativa alle “tendenze sessuali”, contiene, in nuce, la legalizzazione del reato di omofobia e dello pseudo matrimonio omosessuale. Il progetto di “Costituzione”, al quale lavorò una Convenzione sul futuro dell’Europa tra il 2002 e il 2003, fu bocciato da due referendum popolari, in Francia, il 29 maggio 2005 e in Olanda, il 1 giugno dello stesso anno, ma gli eurocrati non si arresero.

Dopo due anni di “riflessione”, il 13 dicembre 2007, fu approvato dai capi di Stato e di Governo dell’UE il Trattato di Lisbona che avrebbe dovuto essere ratificato esclusivamente per via parlamentare. L’unico paese chiamato ad esprimersi per via di referendum, l’Irlanda, bocciò il Trattato il 13 giugno 2008, ma essendo necessaria l’unanimità degli Stati firmatari, fu imposto agli irlandesi un nuovo referendum, che grazie alle fortissime pressioni economiche e mediatiche, diede finalmente esito positivo.

Nella sua breve vita, l’Unione Europea, incapace di definire una politica estera e di sicurezza comune, si è trasformata in una tribuna ideologica, che sforna risoluzioni e direttive per spingere i Governi nazionali a liberarsi dei valori familiari e tradizionali. All’interno dell’UE, la Gran Bretagna, ha premuto il freno, per rallentare il disegno franco-tedesco di un “superStato europeo”, ma ha invece premuto l’acceleratore per diffondere su scala europea, le proprie “conquiste civili”, dall’aborto all’eutanasia, dalle adozioni omosessuali alle manipolazioni genetiche.

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“Occidente”, prima di essere uno spazio geografico, è il nome di una civiltà. Questa civiltà è la Civiltà cristiana, erede della cultura classica greco-romana che dall’Europa si è estesa alle Americhe e alle propaggini lontane dell’Asia e dell’Africa. Essa ebbe il suo battesimo la notte del sogno di san Paolo, quando Dio diede l’ordine all’apostolo di voltare le spalle all’Asia per «passare in Macedonia», ad annunciare la buona novella (Atti, XVI, 6-10).

Roma fu il luogo del martirio dei santi Pietro e Paolo e il centro della civiltà che nasceva. Spengler, convinto dell’inesorabile declino dell’Occidente, ricorda una frase di Seneca: Ducunt volentem fata, nolentem trahunt («Il destino guida chi vuole lasciarsi guidare e trascina chi non vuole»). Ma alla visione relativista e determinista di Spengler noi opponiamo quella di sant’Agostino che, mentre i barbari assediavano Ippona, annunciava la vittoria della Città di Dio nella storia, sempre guidata dalla Divina Provvidenza. L’uomo è artefice del proprio destino e con l’aiuto di Dio il tramonto di una civiltà può trasformarsi nell’alba di una resurrezione. Le nazioni sono mortali, ma Dio non muore e la Chiesa non tramonta.



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