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miércoles, 7 de enero de 2015

Il mondo musulmano non può più essere percepito come “fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione per il resto dell’umanità”


La rivoluzione pacifica 
di cui l’islam ha necessità assoluta

Settimo Cielo di Sandro Magister


La terrificante strage compiuta il 7 gennaio a Parigi da terroristi musulmani nella redazione del settimanale satirico francese “Charlie Hebdo” ha riportato per l’ennesima volta al centro dell’attenzione l’irrisolta questione della violenza nell’islam.

È la questione che Benedetto XVI aveva analizzato con radicale chiarezza nella sua memorabile lezione di Ratisbona:

> Al Cairo torna attuale la lezione di Ratisbona

E di cui aveva pochi mesi dopo indicata la soluzione, invocando anche per il mondo musulmano, come già per il cristianesimo, una sorta di “rivoluzione” illuministica:

“Il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell’illuminismo. [...]

“Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l’uomo di suoi specifici criteri di misura.

“D’altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell’illuminismo, i diritti dell’uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l’autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c’è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte”.

Era il 2006 e da allora solo rare voci e ininfluenti si sono levate nel campo musulmano nella direzione indicata da papa Benedetto.

Ma all’inizio di questo 2015 è davvero accaduto qualcosa di straordinario.

Per la prima volta un leader politico musulmano di primo piano si è rivolto a un alto consesso di guide islamiche e in un luogo di grande valore anche simbolico proprio per esigere da loro l’avvio urgente di una “rivoluzione religiosa” capace di “sradicare” il fanatismo dall’islam e “rimpiazzarlo con una visione più illuminata del mondo”.

Il leader era il presidente dell’Egitto, il generale Abdel Fattah al-Sisi, e la sede era l’università cairota di al-Azhar, il maggior centro teologico di tutto il mondo sunnita.

Del suo discorso hanno riferito con ampiezza “L’Osservatore Romano” e il quotidiano della conferenza episcopale italiana “Avvenire“. Quest’ultimo ha anche dedicato alla “coraggiosa iniziativa” del presidente egiziano uneditoriale di prima pagina, scritto dal suo esperto di geopolitica, il professor Riccardo Readelli.

Sul “Corriere della Sera” del 7 gennaio anche un esperto di politica internazionale del livello dell’ambasciatore Sergio Romano non ha mancato di riconoscere la rilevanza del discorso di al-Sisi.

Ecco qui di seguito come ne ha riferito il giornale della Santa Sede, in data 4 gennaio:

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RIVOLUZIONE RELIGIOSA CONTRO IL FANATISMO

Il Cairo, 3. Il mondo musulmano non può più essere percepito come “fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione per il resto dell’umanità”. E le guide religiose dell’islam devono “uscire da loro stesse” e favorire una “rivoluzione religiosa” per sradicare il fanatismo e rimpiazzarlo con una “visione più illuminata del mondo”. Se non lo faranno, si assumeranno “davanti a Dio” la responsabilità per aver portato la comunità musulmana su cammini di rovina.

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