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domingo, 21 de junio de 2015

Il mondo laico non può dormire sonni tranquilli. Una mobilitazione senza la sollecitazione della Chiesa apre uno scenario inaspettato


Il fronte del rifiuto di gender e unioni gay che riscopre la piazza


Una mobilitazione senza la sollecitazione della Chiesa apre uno scenario inaspettato, proprio su un tema sul quale papa Francesco aveva deciso di non intervenire con forza

Stavolta il mondo laico non se la può prendere come al solito con le ingerenze vaticane, le intromissioni della Chiesa, il confessionalismo delle gerarchie. Una manifestazione così massiccia come si è vista ieri a Roma contro «l’ideologia gender», indicata come tirannica manipolazione della natura e degli stessi fondamenti umani della società, ha fatto esplodere un sentimento covato da una parte consistente del mondo cattolico, ma senza input dall’alto, senza la mobilitazione partita dai pulpiti. È l’antitesi di ciò che è accaduto in Irlanda con il referendum sui matrimoni gay. Lì, in assenza di una massiccia partecipazione dell’episcopato di Dublino, l’elettorato cattolico ha disobbedito esprimendosi a favore. Qui, nella città che è il luogo simbolico dove il Vicario di Cristo è anche il vescovo di Roma, le strade si sono riempite di cattolici che hanno manifestato la loro disperazione culturale per un modo di vedere le cose, il demonizzato «gender», che a loro avviso sradica l’umanità da se stessa.

È la prima volta che accade nell’era di papa Francesco. È la prima volta che il sesso, il genere, ciò che è uomo e ciò che è donna, l’atto stesso del congiungimento carnale da cui scaturisce la procreazione entra a pieno titolo nei «valori non negoziabili», in quella sfera di scelte che riguarda le questioni prime e ultime della vita e della morte. È la prima volta che la piazza viene mobilitata e riempita non semplicemente per quello che è chiamata «unione tra coppie dello stesso sesso», ma in una sfera di interrogativi che hanno a che fare con la cultura, la concezione del mondo, l’idea stessa della natura.
È un terreno su cui papa Francesco ha deciso di non intervenire con forza. Certo, non per rinunciare ai fondamenti della visione cristiana delle cose, ma per non esasperare la conflittualità con il mondo secolare. La chiesa «infermeria» di papa Francesco non vuole fare altri feriti, non vuole scavare trincee contro lo spirito del tempo, non vuole scatenare la guerra santa contro la deriva secolarista. La manifestazione di ieri invece sì. È stata l’espressione di un fronte del rifiuto che è più esteso di quanto i media non riescano a immaginare. È stata la rinascita di un movimento di guerra culturale contro la modernità che sembrava essersi spenta con il nuovo papato. Ecco l’altra differenza con movimenti come quello francese «Manif pour tous». In quel caso l’episcopato francese spinse l’acceleratore della protesta, sancì l’armonia tra un sentimento diffuso e le istituzioni preposte alla irreggimentazione del mondo cattolico. Qui a Roma si è visto il segno di uno scarto, di una sottile linea di frattura, di una insofferenza che le gerarchie ecclesiastiche difficilmente potranno ignorare. Questo è il vero segnale d’allarme per il mondo laico, o comunque per quella parte dell’opinione pubblica che ritiene indispensabile il riconoscimento delle tutele e del diritto per le coppie dello stesso sesso che vogliono unirsi civilmente, senza discriminazioni.


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