I veri razzisti sono proprio loro:
i primi fondatori della dottrina gender
di Massimo Introvigne
Su queste colonne, Renzo Puccetti ha spiegato con dovizia di argomentiperché sia assurdo paragonare la sentenza della Corte Suprema americana che obbliga gli Stati degli Stati Uniti a introdurre il «matrimonio» omosessuale a precedenti decisioni contro la discriminazione razziale, che dichiararono illegittime le limitazioni ai matrimoni fra americani bianchi e di colore.
Vorrei fare però un passo in più, e respingere l'accusa di razzismo al mittente. Infatti l'informazione è stata totalmente nascosta e censurata, ma è proprio la teoria del gender che nasce e si sviluppa in ambienti razzisti, e ha perfino a che fare con l'organizzazione razzista per eccellenza negli Stati Uniti, il Ku Klux Klan.
In un articolo precedente, dove rispondevo alla «bufala» alla modasecondo cui la teoria del gender non esiste, ne mettevo in luce le due versioni classiche, cui tutti i seguaci successivi della «gender theory» si riferiscono. La prima è quella della filosofa francese Simone de Beauvoir, per cui «donne non si nasce ma si diventa» e ciascuno – ma lei pensava soprattutto alle donne – ha diritto di scegliere il proprio genere, maschile o femminile, indipendentemente dal sesso biologico. Nella seconda versione, teorizzata da Judith Butler, il genere assorbe totalmente il sesso e ciascuno può decidere che cosa vuole essere in una gamma che non prevede più solo due possibilità – uomo o donna – ma tre, cinque, cinquanta o infinite.
Si può però tracciare anche un altro itinerario, che dalla de Beauvoir e dalla Butler non va avanti ma va indietro. La teoria del gender non sarebbe nata senza una serie di precursori che ne hanno formulato, molti anni prima, versioni che possiamo chiamare prototipiche, certo non così sofisticate e radicali come quella della Butler. La principale di queste proto-teoriche del gender è l'americana Margaret Sanger (1879-1966). Paragonate con le teorie successive, le idee della Sanger sembrano persino moderate. Ma senza la Sanger non ci sarebbero le teorie del gender successive.
Le biografie ufficiali della Sanger ci presentano un'eroina femminista che, mossa a compassione dalle donne che muoiono di parto dopo dieci e più figli oppure ricorrono a pericolosi aborti clandestini, dedica la sua vita alla propaganda degli anticoncezionali, accettando anche la prigione e l'esilio. La sua vera storia è un po' diversa.
Non si può capire Margaret Sanger prescindendo dai suoi interessi esoterici. La Sanger parte dalle idee della Società Teosofica. Nel 1936 è invitata a parlare alla sede mondiale di questa Società ad Adyar, in India. Il suo discorso è pubblicato, in due puntate, sull'organo della Società Teosofica, The Theosophist, e spiega esattamente la relazione fra le sue teorie del femminismo e del gender e la sia interpretazione delle dottrine teosofiche.
Benché sia oggi molto studiata, particolarmente per l'influenza cruciale che ha avuto sull'arte moderna tramite pittori del calibro di Kandinsky e Mondrian, la Società Teosofica dev'essere forse brevemente presentata ai non specialisti. È stata fondata nel 1875 a New York dal colonnello e avvocato americano Henry Steel Olcott e da una delle più importanti figure della storia dell'esoterismo, la nobildonna russa Helena Petrovna Blavatsky. La sua dottrina centrale è che – con l'aiuto dei Maestri, i quali non sono spiriti ma uomini particolarmente evoluti che vivono per centinaia di anni e risiedono in un centro misterioso fra l'India e il Tibet – l'umanità, che – nel suo stato attuale – è il risultato di un processo cosmico di decadenza descritto con chiari riferimenti gnostici, è chiamata a un processo di evoluzione. Questo si compie attraverso il progressivo emergere sulla Terra di sette razze-radici, ciascuna divisa in sette sotto-razze. Secondo la Blavatsky, si era al suo tempo alla vigilia dell'emergere della sesta sotto-razza della quinta razza-radice, spiritualmente superiore alle precedenti e che si sarebbe manifestata negli Stati Uniti.
Chiariamo subito un equivoco, diffuso nella letteratura non specialistica. La teoria delle razze-radici della Blavatsky è aperta a varie interpretazioni, ma la Società Teosofica ha condannato ogni interpretazione di tipo razzista, ritenendo che le diverse «razze» debbano semmai armoniosamente collaborare tra loro. Tuttavia le interpretazioni razziste ci sono state, per quanto la Società Teosofica le abbia denunciate come erronee. In Germania si è sviluppata agli inizi del Novecento una corrente detta «ariosofia» che interpreta la teoria teosofica delle razze sulla base di un primato razzista della razza ariana. Un avido lettore delle pubblicazioni «ariosofiche» in Austria era un ragazzino che si chiamava Adolf Hitler. La stessa Sanger, come si evince dalla lettura dei diari di personalità teosofiche dell'epoca, non fu particolarmente bene accolta ad Adyar, benché la sua conferenza sia stata pubblicata sulla rivista della Società Teosofica. Anche la sua interpretazione della «razza nuova» non corrispondeva infatti a quella della dirigenza teosofica ufficiale.
Resta il fatto che, sulla base di speculazioni esoteriche, la Sanger pensava che stesse per emergere una nuova razza superiore alle precedenti, e che stesse per manifestarsi negli Stati Uniti. Che cosa c'entra tutto questo con il gender? Lo spiega la stessa Sanger. Le sue idee di tipo gnostico l’avevano convinta che la differenza sessuale fra uomo e donna è qualcosa di cattivo, così come il modo in cui le donne mettono al mondo i figli. Sono conseguenze di un processo di degenerazione, e non esistevano nell’età dell’oro originaria, quella dell’androgino, cioè di una persona umana in cui coesistevano i caratteri maschili e femminili, e di forme di generazione diverse dal parto. Liberare la donna con gli anticoncezionali dal suo ruolo di madre è il primo passo per permettere alle donne – e di conseguenza anche agli uomini – di scegliere il proprio genere, chi e che cosa vogliono essere, iniziando il processo di ritorno verso l’androgino originario. Non è ancora la teoria del gender come la conosciamo oggi. Ma è già il suo nucleo fondamentale.
La nuova razza in marcia verso il superamento del genere biologico potrà emergere, continuava la Sanger, solo là dove l’umanità è intellettualmente e culturalmente più avanzata. In America, e tra gli americani bianchi di origine nord-europea: anche dei tanti immigrati italiani la Sanger non aveva una buona opinione. «I negri e gli europei del Sud – scriveva – sono intellettualmente inferiori agli Americani nativi»: un’espressione che il movimento «nativista» utilizzava per escludere dal numero dei «veri americani» gli immigrati venuti dall’Italia. In una citazione famosa la Sanger paragonava gli afro-americani a una «erbaccia da estirpare», attraverso una severa politica eugenetica che avrebbe dovuto comprendere la sterilizzazione forzata. Quanto agli aborigeni australiani, li considerava «appena un gradino sopra agli scimpanzé». Certo, i sostenitori della teoria delle razze e dell’eugenetica erano molti. Ma solo la Sanger collegava l’eugenetica al gender: estirpata l’erbaccia, sarebbe potuta finalmente emergere la «razza nuova» in marcia verso l’androginia e capace di superare la schiavitù biologica della differenziazione sessuale.
Su queste colonne, Renzo Puccetti ha spiegato con dovizia di argomentiperché sia assurdo paragonare la sentenza della Corte Suprema americana che obbliga gli Stati degli Stati Uniti a introdurre il «matrimonio» omosessuale a precedenti decisioni contro la discriminazione razziale, che dichiararono illegittime le limitazioni ai matrimoni fra americani bianchi e di colore.
Vorrei fare però un passo in più, e respingere l'accusa di razzismo al mittente. Infatti l'informazione è stata totalmente nascosta e censurata, ma è proprio la teoria del gender che nasce e si sviluppa in ambienti razzisti, e ha perfino a che fare con l'organizzazione razzista per eccellenza negli Stati Uniti, il Ku Klux Klan.
In un articolo precedente, dove rispondevo alla «bufala» alla modasecondo cui la teoria del gender non esiste, ne mettevo in luce le due versioni classiche, cui tutti i seguaci successivi della «gender theory» si riferiscono. La prima è quella della filosofa francese Simone de Beauvoir, per cui «donne non si nasce ma si diventa» e ciascuno – ma lei pensava soprattutto alle donne – ha diritto di scegliere il proprio genere, maschile o femminile, indipendentemente dal sesso biologico. Nella seconda versione, teorizzata da Judith Butler, il genere assorbe totalmente il sesso e ciascuno può decidere che cosa vuole essere in una gamma che non prevede più solo due possibilità – uomo o donna – ma tre, cinque, cinquanta o infinite.
Si può però tracciare anche un altro itinerario, che dalla de Beauvoir e dalla Butler non va avanti ma va indietro. La teoria del gender non sarebbe nata senza una serie di precursori che ne hanno formulato, molti anni prima, versioni che possiamo chiamare prototipiche, certo non così sofisticate e radicali come quella della Butler. La principale di queste proto-teoriche del gender è l'americana Margaret Sanger (1879-1966). Paragonate con le teorie successive, le idee della Sanger sembrano persino moderate. Ma senza la Sanger non ci sarebbero le teorie del gender successive.
Le biografie ufficiali della Sanger ci presentano un'eroina femminista che, mossa a compassione dalle donne che muoiono di parto dopo dieci e più figli oppure ricorrono a pericolosi aborti clandestini, dedica la sua vita alla propaganda degli anticoncezionali, accettando anche la prigione e l'esilio. La sua vera storia è un po' diversa.
Non si può capire Margaret Sanger prescindendo dai suoi interessi esoterici. La Sanger parte dalle idee della Società Teosofica. Nel 1936 è invitata a parlare alla sede mondiale di questa Società ad Adyar, in India. Il suo discorso è pubblicato, in due puntate, sull'organo della Società Teosofica, The Theosophist, e spiega esattamente la relazione fra le sue teorie del femminismo e del gender e la sia interpretazione delle dottrine teosofiche.
Benché sia oggi molto studiata, particolarmente per l'influenza cruciale che ha avuto sull'arte moderna tramite pittori del calibro di Kandinsky e Mondrian, la Società Teosofica dev'essere forse brevemente presentata ai non specialisti. È stata fondata nel 1875 a New York dal colonnello e avvocato americano Henry Steel Olcott e da una delle più importanti figure della storia dell'esoterismo, la nobildonna russa Helena Petrovna Blavatsky. La sua dottrina centrale è che – con l'aiuto dei Maestri, i quali non sono spiriti ma uomini particolarmente evoluti che vivono per centinaia di anni e risiedono in un centro misterioso fra l'India e il Tibet – l'umanità, che – nel suo stato attuale – è il risultato di un processo cosmico di decadenza descritto con chiari riferimenti gnostici, è chiamata a un processo di evoluzione. Questo si compie attraverso il progressivo emergere sulla Terra di sette razze-radici, ciascuna divisa in sette sotto-razze. Secondo la Blavatsky, si era al suo tempo alla vigilia dell'emergere della sesta sotto-razza della quinta razza-radice, spiritualmente superiore alle precedenti e che si sarebbe manifestata negli Stati Uniti.
Chiariamo subito un equivoco, diffuso nella letteratura non specialistica. La teoria delle razze-radici della Blavatsky è aperta a varie interpretazioni, ma la Società Teosofica ha condannato ogni interpretazione di tipo razzista, ritenendo che le diverse «razze» debbano semmai armoniosamente collaborare tra loro. Tuttavia le interpretazioni razziste ci sono state, per quanto la Società Teosofica le abbia denunciate come erronee. In Germania si è sviluppata agli inizi del Novecento una corrente detta «ariosofia» che interpreta la teoria teosofica delle razze sulla base di un primato razzista della razza ariana. Un avido lettore delle pubblicazioni «ariosofiche» in Austria era un ragazzino che si chiamava Adolf Hitler. La stessa Sanger, come si evince dalla lettura dei diari di personalità teosofiche dell'epoca, non fu particolarmente bene accolta ad Adyar, benché la sua conferenza sia stata pubblicata sulla rivista della Società Teosofica. Anche la sua interpretazione della «razza nuova» non corrispondeva infatti a quella della dirigenza teosofica ufficiale.
Resta il fatto che, sulla base di speculazioni esoteriche, la Sanger pensava che stesse per emergere una nuova razza superiore alle precedenti, e che stesse per manifestarsi negli Stati Uniti. Che cosa c'entra tutto questo con il gender? Lo spiega la stessa Sanger. Le sue idee di tipo gnostico l’avevano convinta che la differenza sessuale fra uomo e donna è qualcosa di cattivo, così come il modo in cui le donne mettono al mondo i figli. Sono conseguenze di un processo di degenerazione, e non esistevano nell’età dell’oro originaria, quella dell’androgino, cioè di una persona umana in cui coesistevano i caratteri maschili e femminili, e di forme di generazione diverse dal parto. Liberare la donna con gli anticoncezionali dal suo ruolo di madre è il primo passo per permettere alle donne – e di conseguenza anche agli uomini – di scegliere il proprio genere, chi e che cosa vogliono essere, iniziando il processo di ritorno verso l’androgino originario. Non è ancora la teoria del gender come la conosciamo oggi. Ma è già il suo nucleo fondamentale.
La nuova razza in marcia verso il superamento del genere biologico potrà emergere, continuava la Sanger, solo là dove l’umanità è intellettualmente e culturalmente più avanzata. In America, e tra gli americani bianchi di origine nord-europea: anche dei tanti immigrati italiani la Sanger non aveva una buona opinione. «I negri e gli europei del Sud – scriveva – sono intellettualmente inferiori agli Americani nativi»: un’espressione che il movimento «nativista» utilizzava per escludere dal numero dei «veri americani» gli immigrati venuti dall’Italia. In una citazione famosa la Sanger paragonava gli afro-americani a una «erbaccia da estirpare», attraverso una severa politica eugenetica che avrebbe dovuto comprendere la sterilizzazione forzata. Quanto agli aborigeni australiani, li considerava «appena un gradino sopra agli scimpanzé». Certo, i sostenitori della teoria delle razze e dell’eugenetica erano molti. Ma solo la Sanger collegava l’eugenetica al gender: estirpata l’erbaccia, sarebbe potuta finalmente emergere la «razza nuova» in marcia verso l’androginia e capace di superare la schiavitù biologica della differenziazione sessuale.
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