Il mondo dei “nuovi diritti” è destinato all’infelicità. Ecco perché bisogna
tornare a educare alla libertà
Giancarlo Cesana
Come si vince il senso di soffocamento in questa stanza in cui sempre di più si alza il pavimento dei diritti e si abbassa il soffitto dei doveri? L’intervento di Giancarlo Cesana all’incontro della Fondazione Tempi a Padova
Pubblichiamo l’intervento di Giancarlo Cesana, professore di Igiene all’Università di Milano Bicocca e presidente Fondazione Policlinico di Milano, all’incontro “Educare alla libertà” organizzato venerdì 23 maggio a Padova dalla Fondazione Tempi. Un medesimo convegno si svolgerà lunedì 9 giugno alle ore 21 presso il salone Pio XII di via Sant’Antonio 5 (qui tutte le informazioni).
Se siamo qui oggi è per cercare di capire, di fronte alle problematiche poste dall’avvento dei cosiddetti “nuovi diritti”, come se ne esca. Oppure, più semplicemente, come sopravvivere in questo mondo che è stato così ben descritto dall’autore non credente Aldous Huxley quando, già prima della Seconda guerra mondiale, ne previde lo sviluppo descrivendolo come una stanza in cui sempre di più si alza il pavimento dei diritti e si abbassa il soffitto dei doveri. Per farlo, vorrei partire da un brano contenuto nelle letture di queste settimane che precedono la Pentecoste, in cui san Paolo dice che Cristo ha vinto la morte e che alla morte è stato sottratto il suo “pungiglione”, che è il peccato, e la forza del peccato, che è la legge (cfr 1Cor 15,51-58). Io credo, infatti, che qualunque cosa uno possa pensare a riguardo delle questioni che abbiamo detto, tutti ci soffocano. Il problema, dunque, è come si esce da questa condizione di soffocamento. Dove la prima necessità è educare alla libertà, riconquistare questa parola che tutti usano e tutto ormai giustifica, senza però rendersi più conto di che cosa significa. E senza rendersi conto, soprattutto, di che cosa significhi educare alla libertà.
L’ipotesi di partenza
Per educare alla libertà, bisogna ritenere che la libertà esista. Ciò significa che la persona, ciascuno di noi, io e gli altri, non siamo determinati esclusivamente dai nostri antecedenti, cioè dalla nostra struttura genetica e psicologica. Certamente il corredo genetico dice qualcosa di importante della persona, ma non è tutto. Questo è il motivo per cui la Chiesa definisce la persona come nata veramente nel momento in cui muore: in un certo senso, è solo quando muore, quando cioè è compiuto il suo destino, che si vede che cosa veramente essa sia. Ritenere che la libertà esista, quindi, significa affermare che gli antecedenti non sono tutto.
No hay comentarios:
Publicar un comentario