di Sandro Magister
Come già nel giorno dell’incontro-evento di Todi con il memorabile editoriale di Ferruccio de Bortoli, anche dopo la vittoria di Matteo Renzi alle elezioni europee il “Corriere della Sera” si è assunto il ruolo di dettare il profilo del politico cattolico finalmente al passo con i tempi, questa volta per la penna di Ernesto Galli della Loggia e non solo.
Che Renzi sia cattolico non è mai stato un mistero. È cresciuto tra i boy-scout e va a messa tutte le domeniche. “Cattolico vero e irrequieto”, l’ha definito Marco Tarquinio, il direttore di “Avvenire”, nell’editoriale di commento alla sua vittoria alle europee.
Ma il 3 giugno Galli della Loggia ha detto di più. Sulla prima pagina del “Corriere” ha salutato in Renzi il successo di “una versione di cattolicesimo efficiente e compassionevole, simpatico e semplice, che oggi, nell’epoca di papa Francesco, è forse il solo cattolicesimo politicamente declinabile e spendibile”.
Pochi giorni prima, in un’intervista all’agenzia SIR della conferenza episcopale italiana, il sociologo Franco Garelli, studioso del cattolicesimo italiano e cattolico lui stesso, aveva ulteriormente specificato così il fenomeno Renzi:
“Renzi è un cattolico, non lo ha mai negato, anzi ogni tanto lo ricorda. Però non fa della sua ispirazione cattolica un castello. La Chiesa era abituata a pensare che chi si impegnava in politica doveva farlo per promuovere i valori cattolici, mentre lui si impegna in chiave pluralistica, per affermare istanze tipiche della dottrina sociale”.
La “chiave pluralistica” del cattolicesimo renziano è quella che consente a lui e ad altri cattolici di nuova generazione arrivati al potere di sostenere con tranquillità la fecondazione artificiale eterologa, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’adozione da parte di coppie omosessuali, e altri simili “diritti”. Ne fa testo un’intervista a “Vanity Fair” della ministro Maria Elena Boschi, ivi presentata come “cattolica credente”.
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