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sábado, 29 de noviembre de 2014

Spettacolare discorso del vescovo di Reggio Emilia. Dal gender all’eterologa, dal senso del dono a Chiara Corbella


I nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di adulti affamati di verità e bellezza

Massimo Camisasca

«Diventare mamma e papà significa somigliare di più a Dio, ma anche diventare più figli». Spettacolare discorso del vescovo di Reggio Emilia. Dal gender all’eterologa, dal senso del dono a Chiara Corbella

Di seguito pubblichiamo il “discorso alla città” pronunciato da Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, il 24 novembre in occasione della festa del patrono san Prospero. È un discorso lungo e meraviglioso, con alcuni passaggi spettacolari.

Cari Amici, cari Fratelli e Sorelle, illustri Autorità,

papa Francesco, con il Sinodo straordinario dei Vescovi che si è da poco concluso, ha posto all’attenzione della Chiesa e del mondo la realtà della famiglia. Egli ritiene, come tutti noi, che la famiglia sia il cuore della Chiesa e della società. È nella famiglia, infatti, che si imparano e si vivono le dimensioni fondamentali della vita. Si impara che l’amore ci precede, entra a trasformare la nostra esistenza creando dei legami che diventano fondamentali. Nella famiglia si impara l’apertura agli altri, alla nuova vita dei figli, si impara l’importanza dell’educazione, il rispetto delle altre persone, soprattutto attraverso la scoperta che i figli non ci appartengono e che, in definitiva, noi non apparteniamo a noi stessi.

In occasione della festa di san Prospero, nostro patrono, intendo dunque parlare, quest’anno, della famiglia, affrontando di essa un aspetto particolare: i figli, come dono e responsabilità.

Il discorso del Vescovo in occasione della festa di san Prospero vuole parlare a tutta la Città, non per imporre una visione ideologica della vita, ma per proporre alcune osservazioni ed esperienze che possono aiutare a leggere ciò che di profondamente umano vi è nella nostra esistenza e anche ciò che va recuperato e riscoperto. Parlare della famiglia e sostenere la realtà familiare non vuol dire, da parte mia, difendere un passato, semplicemente una tradizione, qualcosa di arcaico che si vuole salvare a tutti i costi. Sostenere la famiglia vuol dire, invece, riscoprire un bene che può costituire un grande punto di costruzione per il nostro futuro.

Tutti quanti siamo chiamati, perciò, a riscoprire la realtà della famiglia, a riscoprire ciò che in essa vi è di fondamentale per la vita degli uomini e ciò che può costituire un bagaglio di speranza per la nostra vita presente.

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, ha messo in luce in modo originale il valore personale dell’amore nella famiglia [1]. Accanto al suo scopo generativo, ha messo in rilievo il bene del rapporto fra le persone, marito e moglie, genitori e figli, come una caratteristica propria della vita familiare.

In questo mio discorso alla Città, desidero parlare della famiglia come luogo naturale della vita, come luogo capace di mettere al mondo un nuovo essere umano e di assicurare ad esso una stabilità di accoglienza, che solo la famiglia può dare. Sono consapevole di tutte le fragilità che sono presenti nella realtà familiare. Essa ha però dentro di sé, proprio per il patto di stabilità che la costituisce, la grande promessa di assicurare al figlio un luogo che lo aiuti a crescere adeguatamente.

Parlo di tutto ciò nella consapevolezza che l’Italia è uno dei Paesi più colpiti dal fenomeno della denatalità. In meno di dieci anni, dagli anni Settanta agli anni Ottanta, siamo scesi da 900mila nascite a 300mila, per poi attestarci intorno a 550mila unità.

Il progressivo cambiamento dei modelli di fecondità della popolazione italiana ha portato il livello di ricambio generazionale sotto la soglia dei due figli per donna da più di trent’anni e ciò, unitamente al progressivo invecchiamento della popolazione, ha condotto alle conseguenze drammatiche che oggi affrontiamo. Se verranno confermati i parametri di questi anni avremo una popolazione di ultra sessantacinquenni, i nonni, che se adesso supera di mezzo milione quella dei nipoti, nel 2030 potrebbe superarla di 6 milioni.

Ci sono poi le ragioni economiche e sociali di questa denatalità, che sono, tra l’altro, il costo dei figli, la difficile conciliazione soprattutto tra lavoro e impegni familiari, il costo delle abitazioni e la disoccupazione giovanile.

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