Il tempo è superiore allo spazio… scusi Santo Padre, ma in che senso?
di MINSTREL
Nel lungo fiume di commenti presenti sull’ultimo bell’articolo di Simon dedicato ad AL, uno scritto da Daniele ha messo in luce il primo “principio” sul quale Papa Francesco basa la sua azione pastorale e magistrale: “il tempo è superiore allo spazio“.
La frase è alquanto oscura e risulta leggibile in molti modi e in molti contesti. Per questo non ho timore a scrivere che tale frase non è null’altro che poesia, o meglio è una frase ad effetto che può essere scambiata per “poesia”, cioè affermazione che utilizza la cosiddetta “licenza poetica”. E far discendere dalla poesia dei principi generali senza dare un’occhiata al mittente del messaggio, al lettore implicito per il quale fu scritta e ai destinatari finali significa compiere un abominio ermeneutico per il quale Ricouer stesso potrebbe risvegliarsi e correre a picchiarci. A ragione.
La mia intenzione non è analizzare questa frase nelle varie sfaccettature dunque, bensì leggerla e applicarla in quella che a me sembra l’unica sfaccettatura di lettura possibile: la pastorale.
Per farlo rileggiamo insieme l’ottimo articolo di Sandro Scalese, citato da Magister qui, nel quale approfondisce i cosiddetti 4 principi sui quali il Papa ragiona:
– il tempo è superiore allo spazio;
– l’unità prevale sul conflitto;
– la realtà è più importante dell’idea;
– il tutto è superiore alla parte.
Il “disastro ermeneutico”, se così possiamo chiamarlo, viene dal fatto che questi principi hanno forze diverse. L’ultimo ad esempio è perfettamente tomista e può avere un inquadramento ontologico potentissimo. Idem il penultimo. Gli altri invece sembrano possedere meno profondità, meno possibilità di lettura generale. Il secondo ad esempio sembra più una idea politica e il primo… e il primo?
Riguardo al primo principio, al Papa tanto caro visto che lo rimarca in ogni suo scritto magisteriale (e nelle interviste), credo sia giunto il momento di comprendere fin dove si possa spingere la lettura senza tradirne i contenuti o sovrastimarne la portata, per cercare di andare incontro al Santo Padre e comprendere meglio il suo punto di vista alla luce del Magistero.
C’è da chiudere subito la possibilità di una lettura ontologica e filosofica della frase, non solo per motivi legati alle nozioni che mette in campo (tempo – spazio), tutte da chiarire, ma perché il risultato di questa prospettiva generalissima potrebbe portare ad una lettura rischiosa: lo storicismo, falsa filosofia denunciata come erronea da Pio XII nella Humani Generis. Il rischio quindi è di trovarsi a sposare anche una idea di “progresso” che fa acqua da tutti i pori, ovviamente tanto osannata in questa società morente e senza futuro, la quale per ritrovare speranza temo debba continuamente dirsi di essere la migliore di tutte le epoche passate. Sul perché l’idea di progresso sia, oltre che antistorica, completamente irrazionale, se ne parlerà un’altra volta, qui vogliamo fermare la lettura filosofica. Lo stesso Scalese paventa una possibile deriva nell’articolo sopra riportato:
“Personalmente, anziché le radici teologiche – che rimangono tutte da dimostrare – non posso non avvertire alla base del primo postulato alcuni filoni della filosofia idealistica, come lo storicismo, il primato del divenire sull’essere, la scaturigine dell’essere dall’azione (“esse sequitur operari“), ecc. Ma è un discorso che andrebbe approfondito dagli esperti in sede scientifica.”.
A mio avviso è un discorso che non andrebbe nemmeno approfondito, è proprio da scartare a priori. Se vogliamo, diciamo, “perdere tempo” allora possiamo permetterci di tentare di comprendere la frase da un punto di vista filosofico cercando delle nozioni di “tempo” e “spazio” che non diano spazio a conclusioni erronee e denunciate già da tempo. Io non credo di esserne all’altezza. E se fossi alto abbastanza non lo farei comunque.
Tralasciamo una lettura teologica, completamente subordinata a quella filosofica poiché nulla nella tradizione e nel magistero ci guidano alla comprensione di una frase simile. Una lettura morale invece mi pare impossibile da dare: come le nozioni di tempo e spazio possono entrare nella ricerca generale dei principi del bene umano? Inoltre questa lettura deriverebbe necessariamente da premesse filosofiche e ricadremmo nel problema chiarito sopra.
Gira e rigira arriviamo al punto: se il Papa invita a illuminare una prospettiva che lui definisce “temporale” anziché “spaziale” fermandosi al solo punto di vista pastorale allora sono d’accordo. Cosa intendo? Faccio al volo un esempio. Se il Papa sta dicendo: “ritengo sia più utile ed importante guardare al percorso di un uomo e non fermarsi ad un suo inevitabile errore” allora mi trova d’accordo, anche se ovviamente essendo una affermazione pastorale non ha valore né dogmatico né razionale. Cioè può benissimo essere considerata razionale anche l’affermazione opposta. Tommaso le chiama “opinioni” e queste hanno un valore relativo. E allora, ben sapendo che possiamo anche permetterci RAZIONALMENTE di dissentire, ma essendo IL PAPA colui che la pronuncia a mio avviso è necessario leggere questo suo principio con tutta la carità necessaria.
E allora la prima carità la faccio a me stesso e mi chiedo: cosa ti piacerebbe sentirti dire? “FERMATI e guardati! ECCO ORA sei nel peccato, o ti penti o sei fottuto!” oppure “NON fermarti proprio ora, convertiti e vai verso Cristo, va verso il tuo futuro e non peccare più, Salvati!”? Si, domanda retorica e volutamente provocatoria. Si, potete assolutamente criticarmela o trovarne altre meno tranchant, tanto il succo non cambia. Personalmente il primo che cerca di applicare questo principio, letto in questo modo, sono io a me stesso. Il risultato però non è molto confortante però: spesso faccio poco per migliorare, mi ritrovo a scusarmi per comportamenti non consoni o attendo la venuta del messia per confessarmi… diciamo che è una opinione e il suo valore varia anche alla persona a cui si applica e alla sua storia.
Ma è questo che intende il Papa? A mio avviso si, anche se una spiegazione precisa e rigorosa temo sia impossibile averla. Sentiamo una spiegazione del principio da sue parole tratte da una intervista al solito Spadaro:
“Dio si manifesta in una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i processi, lo spazio li cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa” (p. 468).
Rileggendo questo passo ora mi pare di esserci, di averci azzeccato. Forse è una illusione, forse no. E’ una opinione…
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