Liturgie sempre più grottesche, arriva la “predica a dialogo”
di Mauro Faverzani
Che cosa sia una predica è molto semplice a dirsi. Secondo il n. 65 dell’Ordinamento generale del Messale Romano, essa
«deve consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle Letture della Sacra Scrittura o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta».
Secondo la Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, al n. 52, si precisa ch’essa deve presentare «i misteri della fede e le norme della vita cristiana».
Non si tratta dunque di una conferenza, né tanto meno di un dibattito, di un talk show o di una tavola rotonda. Ma soprattutto, come precisato a chiare lettere al n. 66 dell’Ordinamento, l’omelia dev’essere «tenuta personalmente dal sacerdote celebrante» o dal Vescovo, né può essere affidata «mai ad un laico», richiamando così quanto previsto al can. 767 del Codice di Diritto Canonico, in cui si specifica essere «riservata al sacerdote o al diacono».
Concetto ribadito all’art. 3 dell’Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti: dal tener l’omelia «sono esclusi i fedeli non ordinati, anche se svolgono il compito detto di “assistenti pastorali” o di catechisti presso qualsiasi tipo di comunità o aggregazione.
Concetto ribadito all’art. 3 dell’Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti: dal tener l’omelia «sono esclusi i fedeli non ordinati, anche se svolgono il compito detto di “assistenti pastorali” o di catechisti presso qualsiasi tipo di comunità o aggregazione.
Non si tratta, infatti, di eventuale maggiore capacità espositiva o preparazione teologica, ma di funzione riservata a colui che è consacrato con il sacramento dell’Ordine sacro, per cui neppure il Vescovo diocesano è autorizzato a dispensare dalla norme del canone, dal momento che non si tratta di legge meramente disciplinare, bensì di legge che riguarda le funzioni di insegnamento e di santificazione strettamente collegate tra di loro».
È evidente come i testi siano assolutamente espliciti, inappellabili e tali da non dar luogo ad incomprensioni od equivoci: ma c’è chi prova a fare comunque orecchie da mercante.
È evidente come i testi siano assolutamente espliciti, inappellabili e tali da non dar luogo ad incomprensioni od equivoci: ma c’è chi prova a fare comunque orecchie da mercante.
Come don Mauro Trebbia, parroco della chiesa di San Carlo Borromeo, a Pognano, nel Bergamasco. Secondo quanto riportato on line dal settimanale “Famiglia Cristiana”, tale reverendo avrebbe avuto la pessima idea di “aprire” in Quaresima l’omelia ai fedeli, rendendola una sorta di botta e risposta o, utilizzando il suo linguaggio, una «predica a dialogo».
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