Alla deriva verso la nuova guerra fredda
di Graziano Motta
Il deterioramento delle relazioni tra Russia e Occidente non si arresta, segnali inequivocabili appaiono tutti i giorni, alcuni di una preoccupante gravità, ma stranamente non vengono recepiti dalla maggioranza dei mass-media nostrani. Alla loro segnalazione è particolarmente attento il telegiornale di Euronews, che per quanto goda del primato di network più seguito in Europa, non riesce a sovrastare, e nemmeno a influenzare il trend delle grandi emittenti nazionali; a tal punto da far insorgere il dubbio che abbia una valutazione distorta degli eventi da questi trascurati o appena accennati.
Il caso più clamoroso è rappresentato dall’intervista data l’8 marzo scorso alla Tv nazionale russa da Vladimir Putin nella quale ha ammesso, per la prima volta, di aver progettato e ordinato l’invasione della Crimea. L’ultima personalità a parlare apertamente di “invasione” del territorio ucraino, della “aggressione diretta di un paese vicino”, era stato il 22 febbraio, in una conferenza stampa a Roma, l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica Svjatoslav Shevchuk: «Per descrivere quanto accade in Ucraina – aveva detto riferendo sulla visita ad limina dell’episcopato e l’incontro con papa Francesco – non si può che usare una sola parola: guerra, una guerra imposta, un’invasione straniera e non una guerra civile». Chi in Occidente ha finora parlato o scritto dell’occupazione militare russa della Crimea, e poi analogamente con gli stessi soldati nelle due regioni russofone dell’Ucraina orientale, è stato qualificato come falso e bugiardo nonché come agente della ostile propaganda statunitense. Nelle sedi internazionali il ministro degli esteri Sergei Lavrov, e il suo ambasciatore al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, hanno sempre negato ogni aggressione o invasione, pur comprovata da molte evidenze.
Putin ha allora raccontato come e quando ha avviato il piano d’invasione della Crimea, La notte del 22 febbraio 2014, dopo la fuga da Kiev del presidente filo-russo Viktor Yanukovich, aveva convocato al Cremlino un “vertice” con il KGB e il Ministero della Difesa. L’esame della nuova situazione si era concluso alle 7 del mattino con la decisione che “occorreva cominciare a lavorare a un piano per riportare la Crimea in Russia”. E in effetti cinque giorni dopo, il 27 febbraio, un commando militare senza insegne di riconoscimento raggiungeva il capoluogo Sinferopoli dalla vicina enclave (e base aeronavale russa) di Sebastopoli e prendeva il controllo del Parlamento regionale della Crimea. All’opinione pubblica internazionale, sbigottita, questi soldati venivano presentati come miliziani locali, appartenenti ad “unità di autodifesa”. Dall’invasione all’annessione il passo era breve e difatti il 16 marzo un referendum organizzato sotto il controllo delle forze armate russe e dai risultati “bulgari” sanciva l’indipendenza della penisola ucraina; quindi rapidamente, cinque giorni dopo, convocata e presieduta da Putin, si svolgeva al Cremlino una solenne seduta degli organi della Federazione russa per la firma e proclamazione del documento di annessione.
................
No hay comentarios:
Publicar un comentario