La verità, invece, è libertà, liberazione
di Mauro Grimoldi
Da Dante a Péguy, passando per Jacopone da Todi. Un contributo al nostro manifesto “Ragione Verità Amicizia”
Questo articolo fa parte della serie “Ragione Verità Amicizia”, il manifesto dei nostri vent’anni e della Fondazione Tempi (una proposta che si può sottoscrivere in questa pagina).
Si racconta nella Commedia di come, improvvisamente, la montagna del Purgatorio venga scossa da un violento terremoto, che riempie Dante di paura: Mi prese un gelo qual prender suol colui ch’a morte vada. Subito dopo cominciò da tutte parti un grido, più precisamente un canto. Tutti dicevano: ’Gloria in excelsis Deo’. Né Dante, né Virgilio sanno spiegarsi il fatto. I due vanno avanti e il poeta fiorentino procede timido e pensoso, travagliato da una sete simile a quella evocata nell’episodio evangelico dell’incontro tra Cristo e la Samaritana. Si accosta ai pellegrini un terzo uomo, un po’ come accadde ai discepoli di Emmaus quando il Risorto si accompagnò a loro. A lui si rivolge Virgilio, chiedendogli conto dell’accaduto. L’ignota presenza spiega che il terremoto sancisce il momento in cui un’anima del Purgatorio sente di aver compiuto il cammino di purificazione ed è pronta a salire verso il Paradiso, quel regno celesto che compie omne festo che’l core ha bramato (Jacopone da Todi). Non c’è nessun altro segno che non sia il sentire stesso dell’anima, nulla, al di fuori del voler, fa prova, dice il testo, de la mondizia raggiunta. Di colpo, l’anima sorprende in sé il desiderio e la possibilità di muoversi verso la perfezione. Questo scatena il terremoto. Questa libertà fa tremare il mondo. E fa cantare un canto nuovo, il canto d’una vita rinata. Anche prima della purificazione l’anima desidera il Cielo, ma non può raggiungerlo: il talento, il desiderio, infatti, è mortificato, posto al tormento, dalla divina giustizia.
Colpisce, a questo punto del racconto, la coincidenza perfetta tra il fatto e il sentire, tra oggetto e soggetto. Non si tratta né di un sentimento privo di fondamento reale, né d’una realtà priva di partecipazione umana. La narrazione poetica di Dante è le descrizione esperienziale della formula con cui San Tommaso fissa la definizione della Verità: Adaequatio rei et intellectus. Solo la verità è capace di questa unità. Fuori di lei, il sentimento o il pensiero oscillano incerti tra esaltazione e cinismo, volubili e incostanti come fantasmi. E la realtà pesa come una costrizione volontaristicamente assunta o imposta.
La verità, invece, è libertà, liberazione.
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