Dalla pittura, un uomo vivo
di Anna Colombo
Esce la nuova edizione del volume "Francesco secondo Giotto". Una lettura della sua vita attraverso gli affreschi di Assisi, lontana dai luoghi comuni. Un'occasione per seguire il santo di ottocento anni fa e il Papa di oggi
La copertina del libro.
Lo spunto per questa nuova edizione del volume, rinnovato nei testi e nella grafica, è l’elezione di papa Francesco, primo pontefice della storia ad aver preso il nome del santo di Assisi.
È un libro che, nelle parole dell’autore, «vuole guardare gli affreschi di Giotto mettendosi in ascolto delle parole care a Francesco.
Il santo di ottocento anni fa e il papa di oggi». Senza dimenticare Benedetto XVI, le cui parole accompagnano spesso le immagini.
Quello che siamo invitati a riscoprire è un san Francesco presentato come alter Christus, sfrondato di quella patina sentimentale che si è sovrapposta all’autenticità della sua figura, come sottolineato recentemente proprio da papa Bergoglio ad Assisi:
Quello che siamo invitati a riscoprire è un san Francesco presentato come alter Christus, sfrondato di quella patina sentimentale che si è sovrapposta all’autenticità della sua figura, come sottolineato recentemente proprio da papa Bergoglio ad Assisi:
«La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo».
Un san Francesco energico, ben lontano dall’immaginetta del pacifista e persino dell’ecologista ante litteram a cui spesso viene ridotto.
Uomo di carne e sangue questo fraticello, se poco prima di morire, sentendosi ormai prossimo alla fine, scrive alla terziaria francescana Jacopa de’Settesoli di portargli, insieme ad un cilicio in cui avvolgere il suo corpo, dei biscotti che tanto gli piacevano («Ti prego anche di portarmi di quei dolci, che eri solita darmi quando mi trovavo ammalato a Roma»).
Così concreto, questo san Francesco, da voler rievocare la nascita di Gesù nella sacra rappresentazione del presepe: un gesto che esprime, secondo le parole di Benedetto XVI, il suo bisogno di rievocare Cristo «nella sua tenera umanità di bimbo».
Così concreto da magnificare la creazione, immagine e riflesso del Creatore, di contro alla svalutazione della realtà operata in quello stesso periodo dall’eresia catara, che rifiutava tutte le espressioni della corporeità in quanto opera del Demonio.
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