Il risultato delle primavere arabe? Governi autoritari o caos totale
di Leone Grotti
Instabilità, terrorismo islamico, disoccupazione, guerre e bombardamenti. Ecco a cosa hanno portato le “rivoluzioni democratiche” della mezzaluna araba
Si dice che nel 1971, quando Henry Kissinger volò segretamente in Cina per preparare il terreno al famoso incontro dell’anno successivo tra il presidente Nixon e il “Grande timoniere” Mao Zedong, il diplomatico americano chiese al premier comunista Zhou Enlai che cosa pensasse della Rivoluzione francese. Nonostante fossero passati quasi 200 anni dal 1789, Zhou rispose: «È troppo presto per dirlo». Al di là della furbizia tutta cinese nell’aggirare domande insidiose, spesso mascherata da saggezza, l’aforisma ha un fondo di verità: gli eventi storici richiedono tempo prima di poter essere giudicati in modo definitivo. La Primavera araba, esplosa il 17 dicembre 2010 dopo che il tunisino Mohamed Bouazizi si era dato fuoco per chiedere dignità e protestare contro il regime di Ben Ali, è stata troppo presto salutata da un euforico Occidente come un unico grande movimento di liberazione. Oggi come allora la parola “fine” deve ancora essere scritta sulle rivolte che hanno sconvolto il mondo arabo, ma a cinque anni di distanza (è nel 2011 infatti che l’incendio si è propagato) si può fare un quadro della loro evoluzione: democrazia instabile in Tunisia, ritorno parziale all’autoritarismo in Egitto, guerra sanguinaria in Yemen, 250 mila morti in Siria, caos totale in Libia e proliferazione dovunque di attentati e minacce jihadiste.
La delusione della Tunisia ......
Egitto rewind ........
La recessione record della Libia .........
Bombe saudite sullo Yemen .........
La Siria smembrata .......
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