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sábado, 4 de enero de 2020

La riflessione di Mary Eberstadt che aiuta a comprendere lo stretto legame tra fede e famiglia



Rivoluzione sessuale, fede, famiglia e società

Alberto Frigerio 


Nel 2019 Mary Eberstadt, Senior Research Fellowpresso il Faith and Reason Institute in Washington D.C. e collaboratrice di alcune riviste e quotidiani tra cui Los Angeles Times Wall Street Journal, ha dato alle stampe il saggio Primal Screams. How the Sexual Revolution created Identity Politics.
Il libro segna un passo avanti nel PerCorsoavviato dalla Eberstadt attorno al tema della rivoluzione sessuale, di cui la scrittrice e saggista statunitense indaga e mette in luce le implicazioni in tema di fede, famiglia e società. L’opera di Mary Eberstadt offre preziose chiavi di lettura per la comprensione del tempo presente.

Rivoluzione sessuale

La Eberstadt descrive il fenomeno della rivoluzione sessuale, avviatosi a partire dagli anni ‘60 del Novecento, come processo di progressiva de-stigmatizzazione di tutte le varietà di pratica sessuale non coniugale, propiziato dal diffondersi delle moderne tecniche contraccettive.
La rivoluzione sessuale è storicamente legata alla Riforma, al Romanticismo e al Femminismo. La lettura negativa dell’eros, inteso quale frutto della concupiscenza peccaminosa, condusse, in ambito protestante, a secolarizzare la sessualità tramite la desacralizzazione del matrimonio. Di fronte alla repressione puritana degli affetti, che si fece largo in ambito cattolico tramite il Giansenismo, nel XVIII e XIX secolo si sviluppò in area tedesca il Romanticismo. Intenzionato a rivalutare l’elemento affettivo della relazione amorosa, finì per ridurre l’amore a sentimento. La crisi del puritanesimo esplose con l’emergere del variegato movimento femminista. Nato per rivendicare l’uguaglianza tra uomo e donna, il femminismo maturò nella ricerca dello specifico femminile, degenerando in alcune sue propaggini nell’affermazione di una generica indifferenza sessuale.
Per i fautori e sostenitori della rivoluzione sessuale, la pillola e il suo piano B, l’aborto (mentre la contraccezione viola la castità coniugale, l’aborto contraddice la giustizia, tuttavia, le due fattispecie morali non sono prive di connessioni, in quanto l’aborto è spesso praticato come contraccezione d’emergenza), avrebbero liberato l’umanità affrancando la donna dalle catene della fertilità e le minoranze sessuali dalla prigione della morale tradizionale.
Più profondamente, nel libro-manifesto della rivoluzione sessuale Die Sexualität im Kulturkampf. Zur sozialistischen Umstrukturierung des Menschen (1936) lo psicoanalista austriaco Wilhelm Reich teorizzò il conflitto tra istinto sessuale e principi morali e propose di superare la famiglia monogamica tradizionale, ritenuta istituto sociale repressivo, in cui la libido sarebbe mortificata a discapito dell’elemento procreativo. In quest’ottica, la pratica della sessualità è compresa unicamente in vista del perseguimento del piacere sessuale e la liberazione coinciderebbe col mero soddisfacimento degli istinti sessuali.
Nel suo colloquio col giornalista e scrittore Vittorio Messori, l’allora cardinale Ratzinger descriveva la rivoluzione sessuale come fenomeno caratterizzato da una triplice frattura: tra sessualità e matrimonio, che apre la strada in ambito civile all’equiparazione tra matrimonio e altre forme di relazione eterosessuale; tra sessualità e procreazione, che vanifica la differenza sessuale e pone le basi per l’equiparazione di relazioni eterosessuali e omosessuali; tra sessualità e amore, ridotto a fenomeno fisiologico da assecondare edonisticamente [Rapporto sulla fede, 1985].
Per comprendere a fondo il radicale cambiamento in corso, è opportuno richiamare il ruolo svolto dall’agire/sapere tecnologico, co-attore della triplice frattura descritta e dell’avanzare in ambito sessuale di una logica consumistica. Accanto al diffondersi delle tecniche contraccettive, che astraggono la sessualità dalla procreazione, va richiamato il diffondersi delle ARTs (assisted reproductive technologies), che astraggono la procreazione dalla sessualità. Le due metodiche hanno aperto la strada al duplice movimento from sex without babies to babies without sex, introducendo nelle relazioni eterosessuali una logica omosessuale, caratterizzata da una sessualità priva dell’elemento procreativo e pratiche procreative scisse dall’esercizio della sessualità. In tal senso, si comprende quanto scrisse il filosofo Augusto del Noce, secondo cui il pensiero moderno ha carattere nichilista, incapace di cogliere la differenza, anche in termini sessuali, come presenza positiva altra da sé, concependo l’esperienza amorosa, anche eterosessuale, in termini omosessuali, come prolungamento dell’io [Lettera a Rodolfo Quadrelli, 1984].

Implicazioni

La rivoluzione sessuale ha favorito il proliferare di una serie di comportamenti fino ad allora rari o comunque dai più ritenuti inaccettabili: rapporti pre-matrimoniali, relazioni extra-coniugali, rotture famigliari. Più che propiziare un’autentica liberazione, la rivoluzione sessuale ha contribuito alla diffusione di una nociva instabilità affettiva, come attestano a livello macroscopico i dati relativi a convivenze, separazioni e divorzi, che provocano sofferenza per grandi e piccoli.
Nel saggio Home-Alone America (2004) la Eberstadt mette in luce le conseguenze di rotture famigliari e assenza della figura paterna su bimbi e adolescenti: incremento nel tasso di depressione, delinquenza e abuso di sostanze, inizio precoce dell’attività sessuale con diffusione di patologie sessualmente trasmissibili. Infine, l’autrice rileva l’aumento del 350% del numero di abusi sessuali su bambini dal 1980. Quest’ultimo dato conferma quanto osservato del papa emerito Benedetto XVI, che nei suoi Appunti sugli abusi sessuali pubblicati nell’aprile 2019 rilevava il nesso tra rivoluzione sessuale, che non tollerava alcuna norma in materia di sessualità, e diffondersi della pedofilia.
In Adam and Eve after the Pill (2012) Mary Eberstadt rileva l’esito paradossale della rivoluzione sessuale per uomini e donne: ad una crescita esponenziale del sesso, sempre più diffuso e alla portata di tutti, corrisponde un’altrettanto significativa decrescita di soddisfazione romantica.
Nel testo How the West Really Lost God (2013) la Eberstadt evidenzia il nesso tra fede e famiglia, doppia elica che costituisce il DNA della società. La tesi classica della secolarizzazione, secondo cui la fede favorisce l’edificazione della famiglia e la crisi di fede erode la vita famigliare, va completata affermando che il buono stato di salute della famiglia alimenta la fede e il cattivo stato di salute della famiglia rende più arduo l’accesso a Dio. La prospettiva dischiusa dalla Eberstadt richiama il saggio Family and Civilization(1947) del sociologo di Harvard Carle C. Zimmerman, secondo cui il declino del mondo classico fu caratterizzato dal declino famigliare.
L’autrice sostiene la propria tesi apportando alcuni dati sociologici (concomitanza nel secondo dopoguerra di boom religioso e famigliare; marcata secolarizzazione nei paesi con alto tasso di persone che vivono da sole, come in Scandinavia; indebolimento della pratica religiosa nelle confessioni cristiane di matrice protestante che hanno introdotto cambiamenti in ambito di morale sessuale e famigliare tramite contraccezione, divorzio e omosessualità) e avanzando considerazioni antropologiche (la generazione è esperienza trascendente, che conduce le persone fuori di sé; i genitori ricercano comunità morali che li coadiuvino in campo educativo; la fede è sostegno nell’affronto dei sacrifici richiesti dalla vita famigliare).
La famiglia ha carattere sacro, per questo la crisi della famiglia è espressione ma anche motivo della secolarizzazione. La famiglia è luogo di trasmissione della fede non solo perché è lì che il bimbo viene o non viene introdotto a una certa tradizione religiosa, ma anche e più profondamente perché l’esperienza famigliare ha qualità religiosa. Relazione coniugale, genitoriale e filiale hanno valenza sacra, in quanto le persone sono invitate a decidersi per un bene gratuito e gravido di senso, come è proprio dell’esperienza di fede: matrimonio e famiglia realizzano la figura della vita come dedizione a un disegno trascendente. Nel romanzo L’uomo senza qualità, che pure contesta una certa visione, borghese, del matrimonio, Robert Musil afferma: «Eppure c’è qualcosa di vero nel così detto sacro senso della famiglia, in quell’essere tutti presi gli uni dagli altri, servirsi a vicenda».
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