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domingo, 9 de marzo de 2014

"Vita e famiglia sono capitoli fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Ma non sono gli unici"


Ucraina, non è questione di tifoserie

di Massimo Introvigne


Ho ricevuto diverse mail da affezionati lettori, i quali mi esprimono perplessità sulla linea tenuta dal nostro quotidiano, e da me in particolare, a proposito dell’Ucraina. Riporto qualche brano di un lettore, il quale mi chiede di mantenere l’anonimato, perché esprime con chiarezza lo stato d’animo che hanno manifestato anche altri: «Non sono un esperto di geopolitica, sono un padre di famiglia preoccupato per i suoi figli. Non comprendo quindi perché anche La Bussola, che seguo da sempre con simpatia e condivisione, si unisca al coro di tutti quelli che se la prendono con Putin. Dopo tutto Putin è l’unico che rifiuta l’ideologia del gender, vieta le marce gay e mette un freno allo strapotere delle lobby omosessuali. Se fossi ucraino, starei con Putin. Con la Russia avrei ancora un po’ di moralità per me e per i miei figli. Con l’alternativa, l’Unione Europea, avrei il gay pride, l’insegnamento della masturbazione a scuola e la sostituzione di papà e mamma con genitore 1 e genitore 2».

Confesso di comprendere le emozioni del cortese lettore, il quale ricorderà del resto che – quando iniziò la campagna anti-russa dopo l’approvazione della legge del 30 giugno 2013 sulla propaganda omosessuale – il nostro giornale fu l’unico in Italia a denunciare le manipolazioni e le bugie, e a spiegare che quella «terribile» legge di Putin in realtà puniva – con una multa, non con il GULag – solo la promozione dell’omosessualità presso i minorenni. Anche all’inizio della crisi ucraina abbiamo messo in guardia contro le posizioni pregiudizialmente anti-russe, motivate da ragioni che poco hanno a che fare con l’Ucraina, e abbiamo sostenuto che la Russia va coinvolta in ogni possibile soluzione negoziata del conflitto. Infatti vi sono anche lettori ostili a Putin che ci mandano lettere di segno opposto.

Dov’è, allora, il problema? Con il massimo rispetto, anzi con simpatia, per gli argomenti del lettore di cui ho riportato brani di messaggio, osservo che – per quanto importantissimo – l’atteggiamento di un governo in materia di famiglia e omosessualità non è l’unico criterio per giudicarlo. Parlo di famiglia e non di vita, perché la Russia ha il più alto tasso percentuale di aborti del mondo: per quanto nel 2011, anche di fronte alla grave crisi demografica, Putin abbia introdotto alcune restrizioni. Un esempio paradossale e personale: nel 2011, visitando attivisti pro life in Romania, ne ho trovato alcuni nostalgici del dittatore comunista Nicolae Ceausescu (1918-1989), che nel 1967 con il famoso Decreto 770 vietò – anche lui non per ragioni morali, ma demografiche – l’aborto, con poche e rare eccezioni. Ma questi nostalgici erano una minoranza. È vero, con la caduta del comunismo e poi l’adesione all’Unione Europea l’aborto è stato legalizzato e promosso, e ora la Romania è al terzo posto al mondo per tasso di aborti dopo Russia e Cuba. Tuttavia, sono pochissimi a rimpiangere Ceausescu, la sua feroce polizia politica, le migliaia di oppositori uccisi e deportati, le fosse comuni, per il solo fatto che era anti-abortista…

Ammetto di avere provato non poca difficoltà quando Papa Francesco ci ha detto, in qualche intervista, che non si deve esagerare occupandosi in modo esclusivo e ossessivo di vita e di famiglia. Dedico molto tempo alla difesa della famiglia, e si tratta d’indicazioni – autorevolissime – che mi mettono a disagio. Forse però ora queste posizioni ci aiutano a capire che cosa voleva dire il Pontefice. Vita e famiglia sono capitoli fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Ma non sono gli unici. Ceausescu resta un dittatore criminale, nonostante il Decreto 770 sull’aborto.

Putin, beninteso, non è Ceausescu. Ma resta vero che la questione ucraina, che il nostro giornale ha cercato di mostrare com’è, cioè estremamente complessa, non può essere ridotta alla domanda «con quale governo arriverà in Ucraina il matrimonio gay». Attenzione: la questione dell’ideologia di genere e delle sue conseguenze non è secondaria, è fondamentale. Ma non è l’unica. Diversamente, si cade proprio nel difetto denunciato da Papa Francesco e, anziché analizzare i problemi nella loro complessità, ci si divide in tifoserie da Curva Nord e Sud.

Ma non è questione di tifoserie. La Crimea, lo abbiamo scritto, è un mondo a parte, con una minoranza musulmana da maneggiare con estrema cautela per evitare che esploda, com’è già successo altrove nel mondo ex-sovietico. L’Ucraina propriamente detta – Crimea esclusa – è il risultato del cattivo modo di costruire carte geografiche che deriva dalla Prima e dalla Seconda guerra mondiale e dal comunismo. Ingloba popolazioni di diversa storia, religione e lingua. Non è vero, peraltro, che tutti coloro che parlano russo vogliano l’annessione alla Russia. Ci sono anche russofoni favorevoli all’Ucraina indipendente.

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