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viernes, 22 de noviembre de 2013

Tutte parole indirizzate all'Assoluto, a un amante: Dio


«L'atto finale è la contemplazione»


di John Martino

Esce in America il diario delle preghiere di Flannery O'Connor scritto a ventun anni, quando si trovava nell'Iowa. La sorprendente profondità nel guardare dentro e rappresentare i propri desideri. Tutte parole indirizzate all'Assoluto, a un amante: Dio

«L'atto finale è la contemplazione»


Bill Sessions è professore emerito di Inglese della Georgia State University di Atlanta. Studioso di letteratura europea ha alle spalle un numero ragguardevole di pubblicazioni, riconoscimenti accademici. Poeta e commediografo, è stato grande amico di Flannery O’Connor, la famosa scrittrice originaria della Georgia scomparsa nell’agosto 1964 a soli trentanove anni. Attualmente sta ultimando la biografia autorizzata della scrittrice Stalking Joy: The Life and Times of Flannery O’Connor, e ha curato l’edizione del suo diario di preghiera tenuto dalla scrittrice quando era studentessa all’Università dello Iowa, pubblicato in questi giorni negli Stati Uniti da Farrar, Strauss and Giroux. Questo diario di preghiera potrà cambiare il corso degli studi sulla O’Connor, mostrando come la sua opera scaturisca dal suo offrirsi a Dio. Bill parla della sua amicizia con Flannery e dell’originalità del suo diario, che lui stesso ha portato alla luce, un’opera che - pubblicata in tempi agitati come i nostri - suonerà forse come “la chiamata all’atto finale, che è la contemplazione”.

Nella raccolta di lettere della O’Connor Sola a presidiare la fortezza: lettere viene raccontata la sua amicizia con la scrittrice. Come e quando iniziò?

Flannery e io avevamo letto le recensioni l’uno dell’altra, pubblicate sul Georgia Bulletin, il giornale dell’Arcidiocesi di Atlanta. Era una pubblicazione di modesta diffusione, ma Flannery amava scrivere per loro perché ti omaggiavano del libro che recensivi! Ma avevamo anche degli amici comuni: Caroline Gordon, mentore di Flannery e Betty Hester, la anonima A. di Sola a presidiare la fortezza.

A quell’epoca si era già reso conto che questa donna aveva qualcosa di straordinario?

Ricordo che un giorno mentre eravamo seduti nella sua veranda, mi disse che valeva la pena vivere la vita per diventare santi. Ho capito subito che era una cosa a cui lei stava meditando profondamente; il suo volto si era infatti come illuminato. Ma pur con la sua levatura letteraria, quando morì io fui molto colpito dal fatto che Elizabeth Bishop, una grande poetessa, potesse scrivere: “Le sue storie resteranno con noi per sempre”.

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