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sábado, 19 de enero de 2013

Russia Cristiana, fondata nel 1957 da padre Romano Scalfi si propone di incoraggiare il dialogo con la tradizione spirituale, culturale e liturgica dell’ortodossia russa


«La verità non si dimostra, ma si mostra»

di Lucia Bresolin
18/01/2013 - Oggi prende il via la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, voluta dal Papa. Per l'occasione, l'associazione di Seriate ha organizzato diversi appuntamenti. Compresa una celebrazione in rito bizantino-slavo
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«La testimonianza è il cammino verso l'unità»

di Martino Cervo
15/01/2013 - Terzo approfondimento al viaggio nel rapporto tra cattolici e ortodossi del numero di gennaio. L'intervista a padre Piotr Eremeev, rettore dell'Università ortodossa di Mosca
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"Però questo periodo non è semplice per la vita della Chiesa in Russia, malgrado non sia paragonabile agli anni del comunismo. Di recente il Patriarca e le gerarchie sono stati duramente contestati.
La situazione per certi versi è come quella di Costantino il Grande: il cristianesimo non è religione ufficiale. Quindi appartenere alla nostra fede è una scelta di libertà. Un tempo la risposta più chiara di chi intendeva vivere la fede in società non cristiane era il monachesimo. Oggi nessuno va più nel deserto: la Chiesa può solo indicare cosa significhi il Vangelo, eppure per questo viene spesso accusata di ingerenza. Comunque è vero: è una fase di conflitto con buona parte della società. La prima causa è un malinteso per cui si vorrebbe stare nella Chiesa senza la verità e i riti della Chiesa. La seconda è che l’epoca sovietica ha instillato la convinzione che uno Stato laico sia uno Stato irreligioso. Così oggi in Russia sentiamo invocare la de-clericalizzazione della Chiesa e dello stesso Stato. Ma noi non siamo ministri di un governo! Anzi, evitiamo di parlare di politica proprio per evitare questo tipo di accuse."
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«Dalla Chiesa una risposta conveniente all'uomo»

di Martino Cervo
11/01/2013 - Secondo approfondimento al viaggio nel rapporto tra cattolici e ortodossi del numero di gennaio. L'intervista al giornalista Sergej Chapnin, direttore della "Rivista del Patriarcato di Mosca"
Quali sono le priorità nella costruzione del suo mensile? Quale ritiene sia lo scopo principale del suo lavoro?
Far comprendere agli uomini che le risposte che la Chiesa offre sono umanamente convenienti. Dunque suscitare interesse per il magistero, renderlo il più possibile attuale e vicino all'uomo. Il problema principale che riscontro è la diffidenza quasi automatica per i documenti ufficiali. Il periodo sovietico ha trasmesso un sospetto difficilissimo da scalfire nella sensibilità comune per qualunque cosa avesse i crismi dell’ufficialità. Per questo è una grande sfida rendere leggibile e interessante la sezione "ufficiale" della nostra rivista che ospita, come naturale, atti e discorsi delle gerarchie. Il secondo grande tentativo che facciamo è quello di garantire un'efficace trasmissione dell’esperienza pastorale che sia di aiuto ai nostri sacerdoti. Un altro filone è l’attenzione all’arte cristiana contemporanea, di cui documentiamo tentativi e critica.

Nel recente convegno di Russia cristiana, la poetessa Olga Sedakova ha dato una lettura vicina alla sua, spiegando come la mentalità sovietica abbia radicato la convinzione che tutto ciò che è pubblico, comune, condiviso, debba in qualche essere contro il singolo. Condivide questa analisi?
Sì, ma penso sia solo una parte del problema. Alla radice c’è una mancanza di persone libere. Dopo vent'anni dalla caduta del comunismo, non riusciamo ancora a superare questa incapacità al pensiero. Viviamo ancora in una società che non conosce la libertà di pensiero cristiana. E questa assenza di libertà produce distorsioni sul passato e sul futuro, generando infelicità.

Spieghi meglio la distorsione del passato: cosa intende?
Per i contemporanei l’unica storia è quella del passato sovietico. Tutto ciò che lo precede è ai confini della mitologia. Un confuso amore per la patria ci fa dimenticare le pagine orrende che compongono la sua storia, o appiattire tutto sotto il mito della vittoria su Hitler. Anche dentro la Chiesa c’è una divisione marcata tra chi rivendica l’era sovietica e chi ha un atteggiamento più lucido e critico. Purtroppo il rapporto col passato divide la Chiesa oggi.

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«La speranza è nella vita viva»

di Martino Cervo
09/01/2013 - Un approfondimento al viaggio nel rapporto tra cattolici e ortodossi raccontato sul numero di gennaio. Primo contributo, un'intervista ad Aleksandr Archangel’skij, giornalista e scrittore moscovita
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Che speranze ha per il suo Paese?
Se la Russia ha una chance, questa è legata al superamento del culto dello Stato. Purtroppo, tutto ciò che vedo va esattamente nella direzione opposta. La speranza è che la vita viva possa rafforzarsi più dell’ideologia. Spero che le persone agiscano mossi da questa possibilità, ma ho una grande paura della sclerotizzazione e del peggioramento di questo culto.

Non crede che le manifestazioni che si sono tenute a Mosca possano corroborare questa speranza?
Non penso che quelle manifestazioni possano portare a un cambiamento in modo diretto. Le vedo come una sorta di prove generali, per il momento la fase non è ancora matura per un vero mutamento. La società stessa è come immatura. La nostra situazione da questo punto di vista mi ricorda quella della Polonia negli anni ’70: i dissidenti erano grandi individui che poi sono stati capaci di fare rete e cambiare le cose. Vedremo se nel futuro potrà accadere qualcosa di simile.
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