sábado, 18 de febrero de 2017

Un adulterio compiuto in cognizione di causa è sempre peccato mortale



Card Müller conferma Croce-Via


Oggi Magister riporta alcuni elementi di un’intervista del Card Mueller che appare oggi sul Timone e che costituisce una chiara risposta ai quattro cardinaloni autori dei cinque dubia.
E, come suo solito, il Cardinale responsabile della CDF rimette il campanile nel centro del villaggio cattolico, ricordando a tutti i mestatori , che siano di “destra” come di “sinistra” come vada letta Amoris Laetia e cioè come Croce-Via, al vostro servizio, ha sempre fatto.
(A) Egli ricorda che nel caso dell’adulterio siamo  SEMPRE in presenza di materia graveun adulterio compiuto in cognizione di causa è sempre peccato mortale e una coscienza individuale, senza lo sguardo oggettivo del sacerdote nel quadro del Sacramento della Penitenza,  non può risolvere questa contraddizione
“D. – Si può dare una contraddizione tra dottrina e coscienza personale?
R. – No, è impossibile. Ad esempio, non si può dire che ci sono circostanze
per cui un adulterio non costituisce un peccato mortale. Per la dottrina cattolica è impossibile la coesistenza tra il peccato mortale e la grazia giustificante. Per superare questa assurda contraddizione, Cristo ha istituito per i fedeli il Sacramento della penitenza e riconciliazione con Dio e con la Chiesa.”
(B) Bisogna sempre usare del “Principle of Charity” leggendo il Magistero, cioè interpretare un documento sempre tenendo conto del contesto dell’autore: qualunque interpretazione di Amoris Laetitia che non tenga conto del fatto che il suo autore è il Papa della Chiesa cattolica e che non tenga conto esplicitamente della Dottrina cattolica non è corretta. In questo rimanda spalla a spalla i vescovi tipo i quattro cardinaloni che hanno creato dubia da niente, ma solo dal loro  volontario mancato uso di questo “Principle of Charity” , come anche quelli dirimpetto a loro sulla sponda opposta che si creano delle fanta-interpretazioni tipo lasciar fare completo
“D. – È una questione di cui si discute molto a proposito del dibattito intorno all’esortazione post-sinodale “Amoris laetitia”.
R. – La “Amoris laetitia” va chiaramente interpretata alla luce di tutta la dottrina della Chiesa. […] Non mi piace, non è corretto che tanti vescovi stiano interpretando “Amoris laetitia” secondo il loro proprio modo di intendere l’insegnamento del papa. Questo non va nella linea della dottrina cattolica. Il magistero del papa è interpretato solo da lui stesso o tramite la Congregazione per la dottrina della fede. Il papa interpreta i vescovi, non sono i vescovi a interpretare il papa, questo costituirebbe un rovesciamento della struttura della Chiesa cattolica. A tutti questi che parlano troppo, raccomando di studiare prima la dottrina [dei concili] sul papato e sull’episcopato. Il vescovo, quale maestro della Parola, deve lui per primo essere ben formato per non cadere nel rischio che un cieco conduca per mano altri ciechi. […]”

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