viernes, 27 de marzo de 2015

Abd-al-Halim, medico e coordinatore della Chiesa anglicana, spiega il “boom” di conversioni dall’islam.


La piccola (ma sorprendente) rinascita cristiana del Marocco raccontata da un convertito


di Benedetta Frigerio

Abd-al-Halim, medico e coordinatore della Chiesa anglicana, spiega il “boom” di conversioni dall’islam. Un fenomeno che non ha nulla a che fare col proselitismo

Proprio mentre il fondamentalismo islamico conquista terreno con le armi dei jihadisti, in uno dei più importanti paesi a maggioranza musulmana, il Marocco, aumentano le conversioni al cristianesimo. Lo spiega in una intervista al sito Aleteia.org Abd-al-Halim, medico di 57 anni, convertitosi al cristianesimo quando ne aveva 41.

NON SOLO POVERI. 

Abd-al-Halim è il coordinatore della Chiesa anglicana marocchina, una realtà che – spiega l’uomo – sta crescendo rapidamente: circa 16 anni fa gli anglicani erano 400 nel paese, oggi la comunità è triplicata superando i mille fedeli. L’incremento delle conversioni è cominciato negli anni Novanta, ma negli ultimi 4 anni c’è stata un’accelerata che ha portato a oltre 400 nuovi ingressi nella comunità. E non corrisponde alla realtà la vulgata locale secondo la quale gli anglicani “sfruttano la povertà” offrendo aiuti per attrarre gli indigenti: il medico spiega che la maggior parte dei convertiti dall’islam appartengono al contrario alla classe medio alta. Si tratta per lo più di ingegneri, artisti, impresari, soldati, ma anche casalinghe e studenti, tutti accomunati dalla percezione di «un islam restrittivo, fondato su una dottrina errata» e «del cristianesimo come religione della tolleranza e dell’amore».

IN SEMICLANDESTINITÀ. 

È questo secondo Abd-al-Halim il motivo per cui le conversioni sono in aumento, nonostante in Marocco, dove l’islam è la religione di Stato, il proselitismo sia vietato. Infatti, sebbene a Marrakesh ci siano 7 chiese ufficiali, 6 a Casablanca, 5 a Rabat e una a Laayoune, e sebbene il paese sia considerato trai i più aperti del mondo islamico, i cristiani neofiti si devono nascondere. «Possiamo praticare la religione solo in segreto», racconta Halim. «Per ragioni di sicurezza siamo costretti ad operare come se fossimo un’associazione segreta. E quando una chiesa cresce troppo (più di 20 persone) si deve dividere in due entità in modo da evitare di attirare l’attenzione». I cristiani si incontrano quindi nelle case: «Dobbiamo essere discreti perché la maggioranza delle persone non tollera il fatto che siamo arabi ma non musulmani. Il maggior pericolo che corriamo viene dall’ignoranza». Anche la legge concorre a determinare il clima di sospetto, visto che l’articolo 220 del codice penale marocchino punisce il proselitismo con il carcere da sei mesi a tre anni. E sebbene il re Mohamed VI sia un sovrano liberale, il leader del Consiglio dei teologi di Casablanca, Radwan Bin Shakrun, ricorda che «l’apostasia è il peccato più grave che un musulmano possa commettere».



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