viernes, 30 de enero de 2015

Cosa direbbe uno psicanalista di fronte ai segreti del presidente russo


Zar e vampiro, Putin non divora, assimila


di Umberto Silva

Inauguro le mie considerazioni psicoanalitiche sui fantasmi e le fantasie dei potenti, ma anche dei politici meno abbienti, con una delle figure più inquietanti della nostra epoca, il presidente russo Vladimir Putin, che ha appena dichiarato: "Ogni tentativo di riscrivere la storia è inammissibile e amorale". Ufficialmente ha pronunciato questa frase al museo ebraico di Mosca il giorno della Memoria, indirizzandola al governo di Kiev e accusandolo di accettare tra i suoi sostenitori gli eredi del collaborazionista Stepan Bandera. Ma come Freud insegna, le parole vivono tante vite, le intenzioni sono travolte e i destinatari si sovrappongono l’un l’altro: l’eco di quelle parole di Putin porta assai lontano, e vicino, nel cuore della sua complessa strategia mentale che, mentre dichiara la storia non più riscrivibile, di fatto la riscrive.

La storia, già, di quale storia parla Putin? La storiaccia dei professori negazionisti e dei loro affiliati vestiti di borchie e pelli nere? Sì, anche, ma per lunga esperienza ho motivo di pensare che la storia di cui Putin va parlando sia innanzitutto la sua storia, al pari di tutti noi quando crediamo di parlare degli altri. Di che raccontava Hegel scolpendo i marmorei destini dello Stato prussiano se non del proprio stato psichico, un tantino pietrificato? Riscrivere la storia! Tutti, tranne il coriaceo Putin, forse, lo vorremmo; a partire dall’infanzia, in cui non eravamo amati come desideravamo; o dall’adolescenza, ove quel certo incontro con la prima ragazza potrebbe essere riscritto in modo assai più entusiasmante. Non parliamo dell’età matura, crogiolo di errori e di pagine fosche che vorremmo strappare. E a una certa età quanto pagheremmo per riscrivere tutta la nostra vita o quasi, o se non altro correggerla, mettere i punti dove vanno messi, tagliare certe lungaggini. Putin no, o almeno così dice. Je ne regrette rien, canticchia, memore delle allegre serate in dacia col Cavaliere, e nulla cambierebbe della sua infanzia e della milizia nella Stasi, dal momento che questo percorso l’ha portato a diventare capo di quel fatale impero che umiliò Napoleone e Hitler. Due esimi macellai che al contrario di Putin volevano riscrivere una storia secolare e che, per un po’almeno, effettivamente la storia del mondo cambiarono.

Solo per un po’, e in questo sta la differenza: Napoleone conquista, Hitler conquista, Putin mostra ciò che da sempre è suo, o almeno tale reputa, o finge di crederlo con un tale impegno da sembrare più vero del vero. 


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