viernes, 23 de mayo de 2014

VERSO LE EUROPEE: Sembra che l’uomo europeo e le istituzioni chiamate a rappresentarlo non siano nel loro momento di massimo splendore


«L'Europa? Ha bisogno di 
una rete di salvataggio»

di Mattia Ferraresi

Harold James, tra i massimi storici dell'economia, riflette sulla moneta unica senza ridurla. Al centro del dibattito, welfare e partiti. E un modello "a sorpresa" da guardare. Perché «la solidarietà si può praticare solo in uno schema federale»

Due anni fa lo storico di origini britanniche Harold James ha pubblicato un saggio in cui sosteneva che l’Europa di oggi è soltanto un’unione monetaria. Un progetto economico senza una chiara identità politica e culturale, figlio del divorzio fra gli ideali dei fondatori dell’Unione e i tecnocrati che ne hanno curato l’esecuzione materiale. 

Era stata la Banca centrale europea a commissionare questo studio a James, uno dei massimi storici dell’economia a livello mondiale, attualmente professore di Storia e Affari internazionali a Princeton, consentendogli di consultare porzioni dell’archivio dell’istituto di Francoforte fino ad allora sigillate. Making the European Monetary Union è, ad oggi, uno dei pochi testi che affronta la questione dell’unificazione monetaria dell’Europa senza ridurla ai termini della pura scienza economica. 

Perché è ingenuo pensare che si possano unire popoli e vicende millenarie semplicemente battendo moneta comune, aggirando la questione dell’unità politica, fiscale, del rapporto fra l’Unione europea e la sovranità degli stati nazionali, senza considerare i limiti del potere degli organi elettivi, il funzionamento dei partiti, la condivisione dei debiti, il ruolo della Banca centrale europea, la capacità di fronteggiare efficacemente le crisi. Giusto per citare alcune delle questioni irrisolte dell’Unione.

Va ricordato poi che la tesi dell’unione monetaria come collante dell’unificazione politica europea non è un prodotto del Ventesimo secolo, ma era già in voga ai tempi di Napoleone III, il quale aveva concepito l’unione monetaria latina, idea accolta entusiasticamente da tanti intellettuali e governanti europei dell’epoca. La Prima Guerra mondiale ha poi spazzato via moneta unica ed entusiasmo, rinsaldando il legame fra moneta e identità nazionali. Un brutto colpo per le riflessioni di respiro comunitario sull’Europa. 

Il ragionamento di James, che da decenni si occupa della storia europea contemporanea e in particolare della Germania, si spinge anche più a fondo di così, arrivando fino alle grandi domande sulla natura e le caratteristiche dell’“uomo europeo”. Esiste oggi un uomo europeo? Qual è il tratto peculiare della sua identità? Quale il suo ruolo storico? Che tipo di struttura politica e istituzionale è più adeguata per rappresentarlo? Se si considerano le cicliche fiammate antieuropeiste, che in questa tornata elettorale prendono le sembianze di Beppe Grillo, Marine Le Pen o Nigel Farage, sembra che l’uomo europeo e le istituzioni chiamate a rappresentarlo non siano nel loro momento di massimo splendore. Anzi. 

Proprio dalle turbolenze della campagna elettorale comincia la conversazione con James, che discute con Tracce nella sua casa di Princeton, a due passi dal campus, sorseggiando una tazza di tè. Tanto per mettere in chiaro dove affondano le sue radici.

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