miércoles, 26 de marzo de 2014

Parla Roger Scruton: “Si sta creando una neolingua come contro l’anticomunismo ai tempi della Guerra fredda. Una lingua di legno”


“La legge sull’omofobia? 
Come i processi di Mao”



“George Orwell ha già detto tutto nei suoi famosi ‘due minuti di odio’ del romanzo ‘1984’”, dice al Foglio il filosofo e commentatore inglese Roger Scruton. “La questione omosessuale è complicata e difficile, ma non puoi imprigionare il pensiero con leggi sulla cosiddetta ‘omofobia’ come quella al Parlamento italiano, che altro non è che la criminalizzazione della critica intellettuale sul tema del matrimonio gay. E’ un nuovo crimine intellettuale, ideologico, come lo fu l’anticomunismo durante la Guerra fredda”.

Settantenne docente di Filosofia alla St. Andrews University, autore di trenta libri che ne hanno fatto il più noto filosofo conservatore inglese (è stato definito dal Sunday Times “the brightest intellect of our time”), Scruton commenta così la legge in discussione al Parlamento per la criminalizzazione dell’“omofobia”. Anche Amnesty International si sta spendendo a favore della norma. 

“A me questa legge sull’omofobia ricorda i processi farsa di Mosca, e quelli della Cina maoista, in cui le vittime confessavano entusiaste i propri crimini prima di essere giustiziati. In tutte queste cause in cui gli ottimisti accusano gli oppositori di ‘odio’ e ‘discorso dell’odio’ ci vedo quella che il filosofo Michael Polanyi nel 1963 definì ‘inversione morale’: se deplori il welfare manchi di ‘compassione’; se ti opponi alla normalizzazione dell’omosessualità sei un ‘omofobo’; se credi nella cultura occidentale sei un ‘elitista’. L’accusa di ‘omofobia’ significa fine della carriera, specie per chi lavora all’università”.

Scruton sostiene che la manipolazione della verità passa attraverso la distorsione del linguaggio, come nell’opera di Orwell, sotto il nome di “Neolingua”. 

“La neolingua interviene ogni volta che il proposito principale della lingua, che è di descrivere la realtà, venga sostituito dall’intento opposto: l’affermazione del potere sopra di essa. Qui l’atto linguistico fondamentale solo superficialmente coincide con la grammatica assertiva. Le frasi della neolingua suonano come asserzioni in cui la sola logica sottostante è quella della formula magica: mostrano il trionfo delle parole sulle cose, la futilità dell’argomentazione razionale e il pericolo di resistere all’incantesimo. Come conseguenza, la neolingua ha sviluppato una sua speciale sintassi che, sebbene strettamente connessa a quella normalmente usata nelle descrizioni ordinarie, evita accuratamente anche solo di sfiorare la realtà o di confrontarsi con la logica dell’argomentazione razionale. E’ quello che Françoise Thom ha cercato di illustrare nel suo studio, ‘La langue de bois’ (la lingua di legno). Alcune delle peculiarità sintattiche sono state messe in rilievo da Thom: l’uso di sostantivi al posto di verbi diretti; la preferenza della forma passiva e della costruzione impersonale; l’uso di comparativi al posto di predicati; l’onnipresenza del modo imperativo”.
Con la legge sulla omofobia, dice Scruton, 

“si tratta di instillare nella mente del pubblico l’idea di una forza maligna che pervade tutta l’Europa, albergando nei cuori e nella testa della gente che può essere ignara delle sue macchinazioni e dirottando sul sentiero del peccato anche il progetto più innocente. La neolingua nega la realtà e la indurisce, trasformandola in un qualcosa di estraneo e resistente, un qualcosa ‘contro cui lottare’ e che deve ‘essere vinto’. Il linguaggio comune riscalda e ammorbidisce; la neolingua raggela e indurisce. Il discorso comune genera, con le sue stesse risorse, i concetti che la neolingua proibisce: corretto-scorretto; giusto-ingiusto; onesto-disonesto; tuo-mio”.
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