sábado, 1 de marzo de 2014

La Sindone?:«Data del 33 a.C. con un’incertezza di 250 anni»


«La Sindone? Sono sicuro: è del I secolo»

Domenico Agasso jr 


Intervista a Fanti, che pubblica i risultati di analisi dell’Università di Padova: 

«Grazie a un progetto di ateneo dell’Università di Padova è stato possibile sviluppare metodi alternativi di datazione della Sindone basati sull’analisi meccanica e opto-chimica, dopo ovvie tarature. I risultati di queste analisi hanno prodotto datazioni tutte tra loro compatibili fornendo una data del 33 a.C. con un’incertezza di 250 anni». 

Sindone: primo secolo dopo Cristo!

Lo annuncia Giulio Fanti, professore associato di Misure meccaniche e termiche all’Università di Padova, che pubblica gli esiti del suo lavoro nel volume “La Sindone: primo secolo dopo Cristo!”, scritto insieme a Pierandrea Malfi con approfondimento di Marco Conca (Edizioni Segno, 2014, pagg. 415, 20 euro).

Perché nel titolo quel punto esclamativo?

«Di per sé sarebbe un controsenso, perché le mie datazioni potrebbero essere sbagliate. Ma l’ho messo in risposta a quello che è stato fatto dopo la radiodatazione del 1988, quando gli scienziati hanno dato un risultato “conclusivo”, cioè indiscutibile. Invece nulla è indiscutibile dal punto di vista scientifico. E infatti hanno sbagliato. E oltre a questo gli stessi scienziati si sono fatti fotografare alla lavagna con la data del risultato del metodo radiocarbonico col punto esclamativo. Ecco allora che in risposta a quella fotografia, ho messo anch’io il punto esclamativo: è una provocazione».

La radiodatazione del 1988 decretò la Sindone medievale, lei la definisce non corretta: però non potrebbero essere errate anche le sue nuove datazioni?

«Sappiamo che la radiodatazione del 1988 ha sbagliato: è dimostrato anche da diversi articoli pubblicati su riviste italiane ed estere: non ha considerato un effetto sistematico fondamentale, probabilmente un fenomeno ambientale come un incendio, di cui oggi non siamo a conoscenza. Dopo le analisi del 1978 e 1988 la Sindone è stata esposta al timolo, un battericida molto forte che però altera la percentuale di carbonio 14 soprattutto su tessuti antichi; quindi dal punto di vista chimico si sa che se oggi venisse radiodatata di nuovo ci sarebbe l’effetto dell’esposizione al timolo. Lo dico non per criticare quello che è stato fatto, però ciò che viene fuori è che nel giro di venti o trent’anni la Sindone può essere ringiovanita. E alla luce di quello che è successo in questi decenni, chi ci può dire che nel I millennio d.C. la Sindone non sia stata conservata con qualche conservante che ha influito notevolmente? Oggi come oggi quindi noi sappiamo che il carbonio 14 sulla Sindone ha dato grossi problemi con un effetto sistematico. Ecco perché allora abbiamo eseguito queste datazioni alternative: io le ho fatte a livello più scientifico con l’appoggio dell’Università, ma già qualche anno fa il chimico americano Ray Rogers aveva realizzato un’analisi che ha definito la Sindone come più antica del medioevo. Io presento tre metodi indipendenti che danno risultati coerenti tra di loro: tutti collocano la Sindone a molto tempo prima del medioevo, addirittura intorno al I secolo. Dunque abbiamo cinque metodi: quello del carbonio 14, i tre miei e quello di Rogers. Potremmo avere sbagliato anche noi, però con quattro metodi diversi e indipendenti che hanno gli stessi risultati, chi è che può avere ragione? Fintantoché non verrà fuori – e io sono convinto che non verrà fuori – che tutti noi abbiamo sbagliato, allora diventa più attendibile quella del I secolo, coerente con l’epoca in cui Gesù di Nazareth visse in Palestina. Adesso aspetto i commenti dei vari scienziati, che per il momento sono positivi: ho avuto solo conferme e nessuna contrarietà».

Ma chi è l’uomo della Sindone?

«Se rimaniamo nell’ambito scientifico non si può dare un nome. Però è interessante che tutti gli indizi – e sono centinaia - in riferimento a una Certa persona corrispondono. Per esempio i romani hanno crocifisso decine di migliaia di persone, e dunque potrebbe essere uno di questi l’uomo: e invece no, perché la crocifissione dell’uomo del Sacro Telo è stata molto particolare, ed è difficile che altre avessero caratteristiche di questo tipo: c’è la corona di spine; e poi in genere la crocifissione veniva data come pena a se stante, ma nel caso di Gesù era un’altra: è stato flagellato, perché Ponzio Pilato voleva dargli un castigo severo ma poi liberarlo, e invece avviene un doppio castigo, e in una situazione “normale” la flagellazione non avrebbe senso con una crocifissione successiva. E come questi ci sono tanti altri indizi: una persona per non credere deve mettere tutta la volontà».

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