domingo, 9 de febrero de 2014

Le due facce dell’Argentina nel mondo: colpa delle scellerate politiche della Kirchner...


L’Argentina di papa Francesco 
è di nuovo sull’orlo del lastrico

Rodolfo Casadei

Collasso del Pil, bollette energetiche da 15 miliardi mai pagate, indici di inflazione e povertà alle stelle. E la gente è ancora una volta sul piede di guerra


Un anno fa un argentino ha fatto alzare in piedi mezzo mondo sbalordito. Un anno dopo un’argentina rischia di far cascare per terra mezzo mondo angosciato. Mentre il loro paese sta andando a sbattere contro il muro come un’auto che ha i freni guasti da parecchio tempo senza che nessuno si sia preoccupato di ripararli. Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, e Cristina Fernandez, vedova Kirchner e presidente da sei anni, sono le due facce dell’Argentina nel mondo: quella da guardare per salire tutti più in alto, e quella che rischia di far sprofondare tutti nell’abisso.

Perché il problema è il seguente: la crisi valutaria del peso argentino, che nelle prime tre settimane di gennaio ha perso il 18,6 per cento del suo valore ufficiale dopo avere già perso un altro 33 per cento nel corso del 2013, rischia non solo di riportare l’Argentina al ciclo delle iperinflazioni, della violenza sociale e dell’instabilità politica degli anni Ottanta del XX secolo, ma di contagiare i mercati emergenti secondo il paradigma del 1997-98, quando nel giro di un anno le finanze pubbliche di Thailandia, Indonesia, Filippine, Malaysia, Corea del Sud e Russia (le economie emergenti di allora) andarono pesantemente in rosso e i Pil pro capite crollarono in un anno dove il 10, dove il 20 e dove il 40 per cento.
Titolava il quotidiano spagnolo La Razon settimana scorsa: “I paesi emergenti alzano i tassi di interesse per blindarsi di fronte alla crisi argentina”. E l’Economist non era da meno: “Mercati emergenti. È come nel 1997”. Marc Chandler di Brown Brothers Harriman, la più antica e grande banca commerciale americana, ha avvertito: «Un collasso del Pil e/o del mercato azionario dell’Argentina non dovrebbe avere un grosso effetto sul Brasile. Però, considerata la tendenza generale negativa dei mercati emergenti, ci sarà probabilmente un impatto collaterale sull’insieme dei mercati emergenti».

Dunque è successo che, stanca di svenarsi a fiotti di 100 milioni di dollari al giorno per difendere il cambio vigente, il 23 gennaio scorso la Banca centrale argentina ha mollato la presa e in un solo giorno il peso ha perso il 13 per cento del suo valore. Le riserve valutarie argentine si sono ristrette negli ultimi due anni come un ghiacciaio in tempi di global warming: ammontavano a 47,8 miliardi di dollari nell’ottobre 2011 quando il governo iniziò la sua crociata contro la fuga dei capitali, e oggi sono ridotte a 29 miliardi.


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