viernes, 1 de marzo de 2013

«Sarò sempre con voi. E insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: vince il Signore! Grazie!».

Lui, e niente altro


«guardate che non andiamo a Roma per sostenere il Papa, 
ma per essere sostenuti da lui»

Ora, forse, iniziamo a vedere. C’è voluto tempo, certo. Come accade davanti a un fatto così imponente, così capace di stravolgere la nostra m
isura, da richiedere un cammino lungo perché cuore e ragione si allarghino a fargli spazio. Ma adesso, forse... 

Domenica 24 febbraio, Benedetto XVI ha recitato il suo ultimo Angelus. Centomila persone in piazza, milioni collegati in diretta. E a molti è venuto in mente un altro Angelus, una domenica di maggio di tre anni fa. San Pietro era stracolma di fedeli, arrivati con l’idea di manifestare il loro affetto a un Pontefice sotto tiro per la campagna di stampa sullo scandalo-pedofilia. Alcuni di loro s’erano ritrovati capovolti. Prima da una frase di don Julián Carrón, la guida di Cl («guardate che non andiamo a Roma per sostenere il Papa, ma per essere sostenuti da lui»), poi dall’impressione vivissima data proprio da lui, da quell’uomo che visto dal colonnato sembrava ancora più piccolo, quasi un puntino bianco, eppure così saldo e forte da potercisi davvero appoggiare. Da sostenere tutto il peso non solo di quei giorni, ma della Chiesa. 

Bene, è la stessa immagine che molti hanno portato con sé anche dall’ultimo Angelus. A quella finestra c’era un uomo più anziano, dall’apparenza ancora più fragile - anzi, così fragile da ammettere di aver bisogno di «un modo più adatto alla mia età e alle mie forze» per servire la Chiesa. E tuttavia in grado di trasmettere al suo popolo quello che si respirava in piazza: una serenità impensabile. Una letizia imprevedibile, pur nel dolore del distacco. In una parola, una libertà potente. Perché? Da dove viene quella forza?

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