viernes, 25 de enero de 2013

I fini della natura e della ragione a confronto con la fede nel pensiero del filosofo Robert Spaemann e del cardinale Ruini


L'Europa e il populismo di Pilato

Gian Guido Vecchi

Robert Spaemann, «Fini naturali» (Ares, pp. 461 € 19,50


«Vede, sono cresciuto all'epoca del nazismo e ho visto da giovane che la maggioranza degli uomini può pensare in modo sbagliato. Io e la mia famiglia stavamo dall'altra parte. E per me è come un riflesso, ho imparato che l'uomo e il senso comune vanno difesi, sempre, nel caso anche contro la maggioranza». 

Robert Spaemann, 85 anni, già successore di Gadamer nella cattedra di Heildelberg, è uno dei massimi filosofi contemporanei, coetaneo e amico di Joseph Ratzinger. 

All'università della Santa Croce di Roma, dalle 17 di oggi, verrà presentato il suo capolavoro - Fini naturali. Storia e riscoperta del pensiero teleologico (Ed. Ares) - tradotto in italiano con la prefazione del cardinale Camillo Ruini. 

Che riflette sul «mancato riconoscimento delle basi morali e prepolitiche dello Stato» ricordando il discorso di Benedetto XVI al Bundestag di Berlino: una «ragione positivista» che si presenti come esclusiva «non può creare alcun ponte verso l'ethos e il diritto» e somiglia «agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo clima e luce da soli e non vogliamo più riceverle dal mondo vasto di Dio».

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