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domingo, 1 de marzo de 2015

Ci troviamo a vivere un momento delicato ...


Caro ministro Alfano, sull'islam italiano stai commettendo un grosso errore

di Valentina Colombo

Gentile Ministro Alfano,

mi permetto di scriverle dopo avere letto della sua riunione con i rappresentanti delle varie Comunità e Associazioni islamiche presenti in Italia lo scorso 23 febbraio. Nel comunicato pubblicato dal Ministero si legge che i «presenti hanno accolto con interesse e convinzione le parole del ministro Alfano, concordando sull’importanza di collaborare contro le manifestazioni della violenza estremista e condannando con fermezza i recenti episodi che li colpiscono ‘sia come persone che come religiosi’». Condivido le preoccupazioni sul momento attuale e sulla necessità di arginare e prevenire la radicalizzazione, così come condivido l’importanza di avviare un progetto di anti-radicalizzazione. Ma qui mi fermo.

In quanto membro del defunto Comitato per l’islam italiano, istituito dal suo predecessore Roberto Maroni e magistralmente coordinato dal sottosegretario Alfredo Mantovano, in quanto ricercatrice e traduttrice che da più di trent’anni si occupa di mondo islamico, ma soprattutto in quanto persona che quotidianamente si interfaccia con giovani musulmani nelle scuole italiane, le chiedo di fermarsi un istante a riflettere.

Lei parla di un progetto di «anti-radicalizzazione sul web, che si articoli in una sorta di contro-retorica attraverso la testimonianza di leaders rappresentanti del mondo islamico italiano».

Due prime osservazioni. Prima osservazione: è vero che l’ISIS vive di web, è vero che siamo nell’era digitale, ma è altrettanto vero che se vogliamo essere sicuri di incontrare i giovani musulmani l’unico luogo valido e sicuro è la scuola, se vogliamo essere sicuri di coinvolgerli dobbiamo guardarli negli occhi, dialogare e trascorrere tempo con loro. Affidarsi al web significa disumanizzare il progetto, proprio come l’ISIS disumanizza i propri lettori.

I giovani musulmani – che in primo luogo sono cittadini di pari livello e dignità – navigano nella rete, sono su Facebook, che a tutti i ragazzi tende trappole dalle più banali a quelle più tragiche che ben conosciamo. Tuttavia se l’Italia vuole davvero impegnarsi per garantire a tutti i nostri giovani – musulmani e non – un futuro migliore non può limitarsi al web. Convincere un adolescente non è facile e non sarà certo la testimonianza calata dall’alto di un “leader” islamico a fargli cambiare idea.

E qui veniamo alla seconda osservazione: chi sono i «leaders rappresentanti del mondo islamico italiano»? Forse le persone che lei ha invitato al Ministero ovvero l’italianissima Coreis, l’UCOII – la cui presenza è stata definita nel comunicato della Coreis “ridondante” – , la Moschea di Roma e donne rigorosamente velate? Siamo sicuri che i musulmani che vivono in Italia si sentano rappresentati da questi “leaders”, siamo sicuri che i giovani musulmani che frequentano le nostre scuole siano pronti a ricevere lezioni da queste persone attraverso il web?

Qualche giorno fa una giovane musulmana – velata – mi ha detto: «Io sono una musulmana e non ho bisogno di qualcuno che mi rappresenti e non rappresento nessuno, perché chi vive in pace con se stesso e pratica la propria religione in pace non va a cercare mezzi pubblicitari o video per farsi notare».


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